di Valentina Ruggiu
Le fonti sono una chiave d’accesso a mondi talvolta inaccessibili per i giornalisti. Figure che, denunciando situazioni di disservizi o corruzione gravi, mettono a rischio la propria carriera e la tranquillità della vita quotidiana. Quanto è diffusa in Italia la pratica della “segnalazione”? Che tutele vengono offerte ai whistleblower? Ne abbiamo parlato con Giorgio Fraschini di Transparency International e Lorenzo Bagnoli, freelance e collaboratore di Irpi (Investigative reporting project Italy). Se vi siete persi il loro incontro su “Promozione e tutela delle fonti”, qui troverete tutto l’essenziale.
Partiamo dalle basi: cosa è un whistleblower? E’ il lavoratore che durante lo svolgimento delle proprie attività riscontra la commissione di un reaato, un’irregolarità o una situazione di rischio e decide di segnalarlo a un soggetto che può agire efficacemente a riguardo. E’ ciò che in gergo giornalistico viene definito “fonte”.
In Italia è una pratica poco diffusa, manca la cultura della denuncia della corruzione: “Si segnala poco“, riferisce Fraschini riportando i dati del Global Corruption Baromater. Quattro i motivi principali: il non sapere a chi segnalare, la paura di ritorsioni, la percezione che alla segnalazione non corrisponda un’ adeguata risposta e, in ultimo, l’idea tutta italiana secondo cui chi segnala sia uno “spione”.
#glocal15 allerta anti #corruzione in Italoa la mappa delle segnalazioni di @transparency_it #alac #wistleblower pic.twitter.com/p3H30wL5A6
— Rosy Battaglia (@rosybattaglia) 21 Novembre 2015
Dovrebbe esserci protezione per chi segnala illeciti, ma nn ci sono enti indipendenti per fare ciò #glocal15 #corruzione #varese
— Alessandra Vittori (@AlesVitt) 21 Novembre 2015
#glocal15 cosa succede a chi segnala un caso di corruzione? Quali tutele hanno i whistleblower? pic.twitter.com/pjeV4ofINH
Lavorare sulla notizia che proviene da un whistleblower è più complicato.
Novembre 2015
La tutela e il quadro normativo, quando una legge non basta: la legislazione sul tema dell’anticorruzione in Italia è particolarmente lacunosa. A scapito di paesi come Usa o Giappone, dove il quadro normativo è molto più definito, nel nostro abbiamo solo una legge: il D.lgs 30 marzo 2001 n.165 “Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti”. “La parte peggiore riguarda la riservatezza” – spiega Fraschini – “la legge dovrebbe garantire che il segnalatore non venga mai identificato, invece ci sono due casi in cui questo potrebbe avvenire: il primo si verifica se il procedimento disciplinare è basato esclusivamente sulla segnalazione, mentre il secondo accade se la conoscenza dell’identità del segnalante è assolutamente necessaria per la difesa”.
Su https://t.co/8KebxrZ7bf è possibile presentare delle segnalazioni anonime e sicure #glocal15 pic.twitter.com/boiwi7J9g3
— Erika Panuccio (@ErikaPanuccio) 21 Novembre 2015
In risposta al vuoto istituzionale e alla mancanza di un ente indipendente per la ricezione e gestione delle segnalazioni è stato creato un servizio apposito: l’ Alac, Advocacy and legal advice centres, ovvero sportelli di segnalazione gratuiti e confidenziali che forniscono assistenza a vittime e testimoni di corruzione. Il loro punto di forza è il coinvolgimento della cittadinanza nel contrasto alla corruzione. I primi sono stati aperti nel 2003 e oggi danno assistenza a più di 140mila cittadini.
Come può aiutare il servizio allerta anticorruzione?Aiuta chi vuole portare alla luce un episodio di corruzione a circostanziare la segnalazione identificando il destinatario più appropriato.
Problema delle segnalazioni anonime: non è possibile sapere se è una calunnia, per questo è importante dialogare con il segnalante #glocal15
— Erika Panuccio (@ErikaPanuccio) 21 Novembre 2015
Altra piattaforma protetta, realizzata ad hoc, è “Globaleaks”: qui, nonostante la comunicazione passi su canali anonimi, è possibile dialogare con il segnalante e tenere traccia della comunicazione. Fornisce una base scritta e documentata della denuncia che rimane anche qualora il segnalante decidesse di sparire.
Cosa non fa Alac
Cosa non può fare l’Alac @Giorg1one #glocal15 #corruzione #Varese pic.twitter.com/sis2bbYsx3
— Alessandra Vittori (@AlesVitt) 21 Novembre 2015
Dal punto di vista giornalistico: “Lavorare su una notizia che proviene da un whistleblower è più complicato” – sostiene Lorenzo Bagnoli – “meglio sarebbe poterlo fare dall’ interno di uno staff, cioè con un editore importante alle spalle, perché si ha accesso a una serie di fonti che da free lance non si hanno“.
A #glocal15 @Lorenzo_Bagnoli parla di Expo Leaks, piattaforma per segnalazioni anonime sulla corruzione a #Expo2015 pic.twitter.com/mtldzU59iC
— Erika Panuccio (@ErikaPanuccio) 21 Novembre 2015
.@Lorenzo_Bagnoli presenta Expoleaks e parla di whistleblower al #glocal15 #Varese pic.twitter.com/3fWhZFfgz6
— IRPI (@irpinvestigates) 21 Novembre 2015
“Se si scrivesse una legge decente in grado di migliorare le lacune attualmente esistenti. Se si diffondesse l’idea che si può denunciare senza essere spioni. Se le istituzioni e i giornalisti iniziassero a dialogare, il sistema sarebbe di sicuro più virtuoso“, conclude Bagnoli.