I cambiamenti presenti e futuri del lavoro

In una società rapida, liquida per dirla alla Bauman, e dipendente dalle tecnologie, che ancora risente della crisi del 2008 e che guarda all’automazione con diffidenza, la risposta alla domanda su quali saranno i lavori del futuro è poco chiara. Luca De Biase, giornalista del Sole 24 Ore, intervistato da Giampaolo Colletti, fondatore della community wwworkers, ha provato a chiarire i dubbi legati a una delle questioni che segnerà il nostro avvenire.
Stiamo attraversando una doppia crisi: gli strascichi del crac economico del 2008 e la sostituzione degli uomini da parte delle macchine. In realtà un’indagine OCSE ha rilevato che, più che a una sostituzione, si assisterà a un profondo cambiamento: sarà essenziale avere capacità di adattamento ed essere pronti a formarsi. Anche i temuti robot hanno caratteristiche umane, in quanto ogni creatore li plasma a seconda dei propri valori. Quello che deve preoccuparci non è l’innovazione tecnologica, ma come la tecnologia è implementata con le attività umane. Possiamo guardare al contesto del lavoro odierno per capire come esso cambierà in futuro.


Ci sono tre dimensioni in cui la nostra economia si sta sviluppando. La prima è l’economia della conoscenza: ci si concentra molto sul valore dell’immateriale, per esempio sulla qualità culturale. La seconda è l’economia della cura, un settore fatto di persone che si dedicano con empatia al proprio lavoro. La terza dimensione, la gig economy, è ritenuta controversa, poiché è basata su un sistema di cottimo regolato da algoritmi. La parola chiave che accomuna le tre dimensioni è la flessibilità. Tuttavia, essere flessibili non significa subire il cambiamento, ma avere una strategia per affrontarlo.

Per quanto riguarda il contesto italiano, il cambiamento tecnologico non cancellerà quelle caratteristiche che lo rendono unico. La prima è l’importanza del territorio, essenziale nell’economia della conoscenza. La seconda è il made in Italy: il saper fare, accompagnato dalla tradizione e dal racconto del prodotto, ha un grande valore potenziale.


Infine, il ruolo del consumatore in questo nuovo contesto è essenziale: il valore immateriale si incarna in gesto economico solo quando è riconosciuto come tale. Questo ha però delle ricadute sull’intera società: il mondo del lavoro acquisisce e impone una sempre maggiore complessità e solo chi è in grado di comprenderla guadagna, mentre chi non lo fa si impoverisce. Il divario tra queste due categorie è in continuo aumento e porta alla nascita di incomprensioni reciproche.

Mariachiara Riva

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