Chiunque oggi può scrivere e pubblicare contenuti. Per quanto possa sembrare un aspetto negativo, le piattaforme digitali hanno dato la possibilità alle testate giornalistiche di diffondere le proprie notizie a un numero pressoché infinito di lettori. “Ma attenzione”, il monito di Puliafito, “i numeri spesso non sono importanti, perché quello che conta è la qualità di questi numeri, ovvero chi realmente fruisce del contenuto”. Spesso, infatti, si dà troppa importanza alla quantità di contenuti editoriali prodotti, piuttosto che alla qualità. Ciò vale anche per la pubblicità online: attraverso la comunicazione nativa, si può pubblicizzare un prodotto attraverso veri e propri contenuti editoriali, articoli arricchiti di infografiche, video, modalità di scroll e di fruizione diverse e particolari. Si parla di una vera e propria comunicazione editoriale: questi contenuti non vengono realizzati dal singolo giornalista, ma da un team di specialisti, che intervengono per migliorare il modo di fruizione.
Spesso le testate decidono di aprire il proprio sito web alla pubblicità attraverso i banner. I lettori, però, non riescono a fruire agevolmente degli articoli, preferendo piuttosto pagare un abbonamento per evitare la pubblicità. Ecco che attraverso la comunicazione nativa può diventare meno invasiva.
Principale caratteristica della pubblicità nativa non è ingannare, ma informare: si rivolge a un target ben preciso, a chi è interessato al contenuto e alle tematiche di cui l’articolo parla, mettendo quindi al centro le persone e non un prodotto da pubblicizzare. Inoltre è trasparente, perché lo sponsor dell’articolo viene sempre citato e mostrato.