Elisabetta Soglio, giornalista interessata ai temi del volontariato e del terzo settore, a un certo punto della propria carriera ha sentito l’esigenza di raccontare “un altro pezzo della realtà”. In Italia il terzo settore rappresenta un ambito d’importanza non indifferente che coinvolge 7 milioni di persone e produce il 6% del PIL, è quindi necessario valorizzare questo approccio economico, filosofico, culturale e sociale oltre agli addetti ai lavori. “É un impegno etico”, dice Soglio, “ci sono problemi ma anche soluzioni”. Della stessa opinione è Luciano Fontana, direttore del Corriere, che ha intuito l’esistenza di un bisogno dal basso di uscire dallo stereotipo per cui i giornali raccontano solo brutte storie.
La pubblicazione dell’inserto, comunque, non è stata esente da critiche: da una parte c’è il rischio di cadere nel buonismo, dall’altra nel ghetto. Innanzitutto la positività che si sceglie di raccontare non è mai fine a se stessa e, in aggiunta, la scelta di relegarla a un supplemento esterno non dev’essere considerata una ghettizzazione ma una tutela di dignità: solo così le buone notizie saranno considerate al pari degli approfondimenti più noti.
Sta di fatto che la riuscita dell’esperimento, forse aiutata dall’attuale momento storico, è dimostrata dal sensibile aumento di copie vendute dal Corriere ogni martedì e dall’imitazione da parte di altre testate cartacee, televisive o radiofoniche. “Il bene fa bene anche agli economi del giornale” sostiene don Davide Milani. Questo non significa che si debba proporre un’oasi di romanticismo e felicità, ma nemmeno minimizzare gli eventi in senso negativo: la chiave è l’equilibrio. Il lettore cerca conferma del fatto che il mondo non sia solo quello che ci viene rappresentato da processi di storytelling perversi. Buone Notizie ha successo proprio perché, raccontando vita ed esperienze di persone normali, insegna a valorizzare gli aspetti positivi della quotidianità. A questo proposito persino il presidente Sergio Mattarella ha riconosciuto l’importanza del progetto che, oltre a mettere in luce un lato di virtuosismo del Paese, offre la possibilità di guardare la realtà da un punto di vista inedito. Ancora di più, Mario Tedeschini Lalli ribadisce che il giornalismo delle buone notizie sta riscontrando un incremento di interessi a livello mondiale: anche il New York Times da qualche tempo ne è influenzato.
In conclusione possiamo ritenere che sia bene ogni inchiesta fatta con metodo, professionalità e identificabilità. Per recuperare l’idea di un giornalismo che contribuisca a creare il bene comune, anche i giornali devono saper uscire dalla logica del profitto per mettersi in discussione a tutto tondo.
Erica Zulli