Numeri, percentuali, statistiche. In questa emergenza sanitaria siamo stati travolti dai dati. Ma che ruolo hanno davvero nell’informazione e qual è l’attendibilità dell’architettura dei dati? Una domanda tanto importante quanto attuale intorno alla quale Michele Mezza autore del libro “Il contagio dell’algoritmo” ha riflettuto insieme a Carlo Verna Presidente nazionale Ordine dei Giornalisti, Salvatore Iaconesi, fondatore Art is Open Source, Antonello Soro, ex-presidente dell’autorità garante per la privacy e Barbara Carfagna, Giornalista, autrice e conduttrice Rai.
Il possesso dei dati e l’uso che se ne fa ha generato nuove gerarchie di potere e l’immensa produzione di dati digitali spesso non ha coinciso con l’acquisizione di una competenza a saperli gestire o alla nascita di nuove figure, anche all’interno delle redazioni. Il dibattito intorno all’uso dei dati vede due forze contrapposte: da un lato la volontà di difendere la libertà personale e dall’altra la condivisione di essi, necessaria all’analisi e quindi anche a una prevenzione degli accadimenti. Non è un caso che “questa pandemia ce la stanno raccontando più i matematici che i sanitari” e i dati sono al centro della comunicazione. Un risvolto, anche sociale, nuovo che spesso non ha tenuto conto delle conseguenze psicologiche, emotive e sensibili nelle persone travolte da una continua sollecitazione di numeri, tabelle e dati.
Siamo quindi di fronte alla terza fase dell’epidemia, quella psicologica, che segue quella sanitaria ed economica. Oggi più che mai è necessaria anche all’interno delle redazioni la presenza di nuovi profili e nuove competenze capaci di studiare ed elaborare i dati. In questo senso si sta muovendo l’Ordine dei Giornalisti a partire dalla formazione. Al centro del dibattito si pone la scelta di abbandonare una logica estrattiva del dato in favore di una autorappresentazione. I dati oggi ci raccontano più i comportamenti che le persone, se un tempo condizionavamo i consumi oggi condizionano il modello di vita.
L’urgenza è quella di avere la completezza dei dati da chi li detiene e da chi li diffonde. Dati che non devono essere considerati solo un linguaggio tecnico ma che possono essere letti anche, e soprattutto, dal linguaggio dell’arte e della filosofia ricordando quanto affermava Aldo Masulo “La terapia è una cosa molto diversa dalla cura, se la terapia prende i dati, li analizza e stabilisce la terapia, la cura si nutre di relazioni”.