Non chiamatelo “abbonamento”: è un patto con il lettore

Chiedere alle persone di contribuire alla sostenibilità del giornale che leggono ogni giorno. Di pagarlo, in una parola. Nel grande mare dell’informazione, libera e gratuita, che va dal piccolo giornale locale ai social, Facebook per primo, tutto è gratis: le informazioni corrono “fluide”. Almeno così pare. Come è possibile quindi convincere il lettore che le notizie verificate, prodotte da un giornalista, hanno un valore, anche economico?

È questo un tema su cui si dibatte da tempo e che oggi sta acquisendo una dimensione nuova: non si tratta più (soltanto) di trovare un modello di business, bensì di stipulare un “patto con il lettore”. Che funziona più o meno in questo modo: io ti consegno il frutto del mio lavoro, tu mi sostieni ma entri anche a far parte di una grande comunità in cui hai voce in capitolo.

Sono molti i giornali, sparsi nel mondo, che ci stanno provando e che hanno ottenuto buoni risultati, in alcuni casi anche ottimi. La sostenibilità economica e questo “patto con il lettore” sono stati al centro dell’incontro organizzato nel corso del Festival del giornalismo digitale grazie alla partnership con Google. Un incontro davvero di carattere internazionale con collegamenti, in streaming come in tutti gli altri panel, da varie parti del mondo.

Tante donne in questo dibattito, giovani e portatrici di esperienze positive. Coordinato da Madhav Chinnappa, direttore del News Ecosystem Development di Google, e da Riccardo Terzi, Head of News & Publishers Partnerships, Italy & CEE, Google, la tavola rotonda virtuale ha avuto lo scopo di analizzare l’approccio che testate diverse hanno avuto con “gli abbonamenti digitali”.  Chinappa ha ideato la Digital News Initiative (DNI), una struttura incentrata sul miglioramento dell’ecosistema dell’informazione europea: «Dni è un programma globale -ha spiegato – che punta a rendere accessibili le notizie, e alla qualità delle notizie per creare una società più forte».  I progetti sostenuti con il Dni sono stati, in tutta Europa, 662, 45 dei quali in Italia, per un totale di 150 milioni di euro. Tra i vari progetti sostenuti da Google in Italia, e più vicini a noi, ci sono quelli legati a “L’Eco di Bergamo” che ha puntato sulle newsletter per avvicinare i lettori e quello di IVG di Savona che quest’anno ha lanciato per la prima volta una sottoscrizione tra i suoi lettori.

Tra i primi esempi spicca quello di MamamiaEmilie Lefebvre, in collegamento dall’Australia, ha raccontato la scelta fatta da questo network costituito interamente da donne: «I nostri podcast hanno quasi 5 milioni di download – ha spiegato Lefebvre – ma è il frutto di un ragionamento preciso; ad un certo punto ci siamo chieste: come possiamo creare un’abitudine nei nostri lettori? Allora abbiamo cominciato a studiare il nostro pubblico, abbiamo fatto dei sondaggi per capire quali fossero le esigenze. Abbiamo raccolto una serie di dati e di informazioni, diviso i nostri lettori in gruppi e tipologie e ora abbiamo deciso di cambiare un po’ la nostra direzione. Newsletter e podcast risponderanno, in parte, alla domanda che il nostro pubblico ci rivolge».

Dall’Australia, dove era l’una di notte, agli Stati Uniti. Stesso punto di partenza per Jeff Elgie, CEO, Village Media, un gruppo di editori locali che ha partner in 14 paesi diversi, dall’Ontario, in Canada, alla Nigeria. E’ Elgie a parlare di Brand Lovers: «Sono quei lettori che tornano più volte. Quello che abbiamo voluto fare è stato creare una relazione 1 a 1 con i lettori più fedeli ma senza togliere nulla agli altri. E così abbiamo pensato a newsletter, contenuti extra, sconti per quelle persone che hanno sottoscritto questo patto con noi. Ma abbiamo anche garantito un’informazione capillare, con giornalisti che lavorano sul territorio per fornire quell’informazione che i “brand lovers” si aspettano da noi».

Ma il vero elemento di successo del progetto di membership sarà, secondo Sarah Hartley di GNI Innovation Challenges, il cambiamento culturale: non si tratta di una transazione economica ma di un vero patto con i lettori. Ed è questo il fulcro su cui ruotano anche gli interventi di Esther Alonso, di elDiaro  Federica Cherubini, Reuters Institute for the Study of Journalism e Virginia Stagni,  26 anni, Business Development Manager, Financial Times.

«Quando è scoppiata la pandemia – ha spiegato Esther Alonso – abbiamo avuto un forte calo della pubblicità. Questo avrebbe potuto metterci in forte difficoltà, avremmo potuto dover ridurre i giornalisti, licenziare parte dello staff, ma la nostra comunità si è rivelata pronta e fedele. In poco tempo siamo passati dal 30 per cento di abbonati al 50 per cento. Questo è fantastico, dal punto di vista finanziario ma anche per il rapporto che si è creato con la comunità che ora fa parte del nostro progetto. Tuttavia se si vuole realizzare una relazione con il proprio pubblico, bisogna prima guardare se stessi e chiedersi se si è capaci di soddisfare le aspettative, anche nel lungo periodo».

Che significa, anche, puntare sulla qualità più che sulla quantità: «Più che al numero, al volume, di utenti bisogna guarda al valore. E in questo le testate locali hanno un vantaggio: riescono a raggiungere più facilmente i propri lettori – ha detto Virginia Stagni – . Noi al Financial times abbiamo puntato sul contenuto, studiato i format sulle diverse piattaforme, poi abbiamo creato dei focus group. Quindi ci siamo concentrati sull’obiettivo: mettere il lettore al centro, il lettore deve essere contento di tornare ogni volta a leggerci. L’utilità del contenuto creato è fondamentale, questo significa anche analizzare il mercato e creare un modello funzionante. La Newsletter uno strumento di coinvolgimento incredibile».

E Federica Cherubini ha parlato di “realismo”: «Cerchiamo di capire quali sono i nostro obiettivi: qual è il nostro valore ma anche cosa ci aspettiamo dal nostro pubblico e da lì partiamo, procedendo a ritroso. C’è una bella differenza tra abbonamenti e membership, nel primo l’utente paga per un servizio, nel secondo parliamo di una piattaforma sociale, dove chi aderisce entra a far parte di un progetto e condivide progetti e risultati».

Pare questa l’unica via per recuperare un rapporto che negli ultimi tempi è andato deteriorandosi: al lettore non resta che “entrare” in redazione se vuole contribuire a creare un’informazione libera e di qualità.

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