Al via l’edizione 2021 di Glocal a Varese. Ad aprire il festival sul giornalismo digitale il panel “Il futuro del giornalismo: le notizie, le idee, il mercato, la pubblicità, la deontologia”. L’apertura è affidata a Fabio Lunghi, Presidente della Camera di Commercio di Varese: “Questa rassegna è un valore per il territorio. Ci aiuta a capire la professione giornalistica che ha subito un cambiamento epocale negli ultimi anni”.
Il racconto di questa rivoluzione è al centro di Worlds of Journalism Study, una ricerca condotta insieme all’Università degli Studi di Milano sulla percezione del giornalismo. Marco Gambaro, professore emerito, Università degli Studi di Milano, ne racconta alcuni dei risultati preliminari dello studio: “Ci siamo focalizzati sul rapporto tra comunicazione giornalistica e commerciale e sul tema dei freelance e della loro sicurezza con un questionario”. In generale sta emergendo “sicuramente una riduzione del consumo dell’informazione sui mezzi tradizionali – spiega il Professore – ma le fonti si sono moltiplicate soprattutto per i giovani, in particolare online”. La digitalizzazione non influenza però solo la fruizione ma anche il mestiere: “Ormai più che le suole delle scarpe, si consuma il mouse. Molti giornalisti usano i social e internet per trovare fatti notiziabili”.
La legittimità si conquista non per il nome della testata ma di fronte al pubblico: “Ci sono molti casi in cui freelance, non professionisti, che fanno lavoro di qualità. Anche gli influencer – spiega Gambaro – anche se la loro attività è remunerata, hanno una credibilità e svolgono una funzione informativa per chi li segue”. La funzione del giornalismo quindi cambia: “Dovranno essere più bravi a fare i video, con i dati e con le risorse moderne”. “Il cronista deve avere un occhio diverso rispetto alle altre fonti – aggiunge Alessandro Galimberti, Presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia – Noi documentiamo per intermediare il racconto con il pubblico e siamo complementari agli altri media e alle istituzioni”.
“Il giornalismo ha la capacità di raccontare la realtà, con giornalismo locale e con metodi nuovi come il data journalism – prosegue Sergio Splendore, professore di Sociologia dei processi culturali e comunicativi, Università degli Studi di Milano – ma c’è una crisi nella fiducia dei lettori e degli users“. Complice è anche la piaga delle fake news, le notizie false diffuse sul web. Anche per tale ragione “i valori professionali sono cambiati, con il cambiamento delle pratiche e degli strumenti. Con il data journalism, c’è per esempio il valore della trasparenza, dell’accountability“. Dalla ricerca emerge infatti il desiderio, da parte della categoria, di “dare una cornice per interpretare in modo sensato la realtà e permettere alle persone di esprimere la propria opinione”.
In questo contesto diventa fondamentale il rapporto tra giornalisti e social media. “Ho un’esperienza sia bella che brutta dell’ambiente – racconta Franco Ordine, giornalista sportivo televisivo ed ex caporedattore de Il Giornale – È utile questa sfida perché aiuta ad essere obiettivi. Se sfugge battuta ironica di troppo, aggettivo di troppo, vieni incasellato. Da giornalista sportivo per esempio non posso permettermi di associare al mio lavoro il tifo per la mia squadra”. Sul tema dell’oggettività sono state molto incisive anche le parole di Galimberti: “Per arrivare alla verità bisogna avere l’umiltà di verificare tutto e non confermarsi ai desideri del direttore, delle consulenze o dei lettori – spiega – Ci sono decine di giornalisti fuori dal faro che ogni giorno decidono di rischiare o assecondare la volontà del committente. La verità si segue con poco, con niente, anche nel proprio quartiere”.