“Le storie audio e la voce possono ricostruire il rapporto di fiducia tra giornalismo e cittadini”

Il giornalista Mario Calabresi racconta la sua esperienza con i podcast e la creazione della piattaforma Chora Media nel panel Il tempo dell’ascolto – Il podcast come long form del racconto giornalistico.

L’idea del podcast e della newsletter Altre/Storie nascono dall’esigenza di seguire “dove si muove l’informazione”. Dopo La volpe scapigliata per Storytel, il tentativo di creare una piattaforma: “Siamo partiti in maniera sperimentale, con una cosa fatta come esperimento divertente ad avere ogni mese da pagare 24 stipendi”. Apparentemente le storie più ascoltate sono quelle del passato: “Non riserva sorprese. Il futuro è incerto e fa paura. Alla memoria sai che dimensione dare e dove metterla – racconta Calabresi – A me non piace però il passato fine a se stesso. Mi piace la memoria in quelle declinazioni in cui insegnano qualcosa, come siamo cambiati e cosa è diverso adesso”.

La forza dei podcast è la sensazione di intimità: “La voce è immersione. È difficile che tradisca e non distrae come l’immagine. Le storie audio sono un ottimo modo per ricostruire un rapporto di fiducia con gli ascoltatori”. Un esempio efficace di questo è il podcast che il giornalista – figlio del commissario Luigi Calabresi, tra le vittime degli Anni di Piombo – con il racconto della madre: “Mia madre, nonostante fosse stata segnata, ha trasmesso ai suoi tre figli una voglia di vivere e guardare avanti, un ottimismo – spiega –  Le ho detto: ‘Ci sono cose che ci racconti a tavola. Ma sarebbe bello che tu raccontassi il tuo modo di vivere. Nello studio di registrazione ho iniziato a farle le domande che le facevo da bambino”. Il pubblico è colpito da questo legame intimo con i podcaster: “Le risposte sono potentissime”.

Un altro punto di forza è la possibilità di approfondire in un tempo concentrato: “Sono poche le persone che possono leggere 10 pagine di giornale. Ma persone in mezz’ora camminano, cucinano o fanno altro e hanno mezz’ora in cui diamo racconto approfondito che lascia un segno”. Il mezzo sonoro è però ancora una sfida: “Le persone che lavorano con me hanno lavorato a Twitter, Audible o vengono da esperienze varie. È un esperimento. Io sto facendo una cosa nuova che cresce e scommette sulla modernità“. Ormai i prodotti sono “più simili a serie televisive che ad un articolo di giornale, con musica, suoni e voci per raccontare”. A chi ha dubbi sull’esperimento, l’ex direttore de La Stampa e La Repubblica risponde: “Sto provando a fare cose diverse, invece di continuare a dirigere i giornali. Così invece di licenziare persone, ne assumo. Cerco di lavorare per cambiare il mondo del racconto e dell’informazione”.

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