Il diritto di informare e quello di essere informati sono stati inseriti nella Costituzione in un’epoca in cui la tecnologia implicava la loro applicazione solo al momento della pubblicazione. Oggi però la realtà è ben diversa: il giornalismo è “proiettato nel futuro”, nel senso che un contenuto pubblicato oggi su un qualunque sito di informazione può essere consultato anche a diversi anni di distanza. Cosa significa questo per i giornalisti? Ne discutono gli ospiti del panel “Scrivere per il futuro: nuove opportunità, nuove libertà, nuove responsabilità”.
Secondo Mario Tedeschini Lalli, giornalista e fondatore Offshore Journalism Toolkit, è importante riflettere su come cambia nel tempo il significato di ciò che scriviamo. «Se le informazioni mutano, devo aver presente che ciò che ho scritto qualche giorno fa può diventare improvvisamente datato, incorretto o incompleto – spiega Tedeschini Lalli -. Non solo: se apro un articolo scritto oggi tra dieci anni, devo essere in grado di capire perfettamente cosa c’è scritto. Questo è ciò che significa per me “scrivere nel futuro”».
Nel mondo digitale, insomma, sono spariti i confini di spazio e tempo. Il risultato? «Ciò che scrivo oggi avrà conseguenze informative anche tra 10 anni», prosegue Tedeschini Lalli. Una riflessione che chiama in causa anche il tema del diritto all’oblio, ossia del diritto a non rimanere esposti senza limiti di tempo ad una rappresentazione non più attuale della propria persona, con pregiudizio alla reputazione. Secondo l’avvocato Ernesto Belisario, «il diritto all’oblio si pone ovviamente in conflitto rispetto alla libertà di informare ed essere informati. La vera sfida sta nel capire quando l’interesse della collettività supera quello dell’individuo».