Tomaso Bassani, vicedirettore di Varesenews, apre l’incontro “I dati e la deontologia dei giornalisti” con una riflessione sul lavoro di raccolta, analisi e interpretazione dei numeri della pandemia: “Noi di Varesenews cerchiamo di integrare il bollettino dei dati riguardanti la pandemia con una serie di grafici e di legare i dati del giorno a quelli dei giorni precedenti. I dati degli attuali ricoverati in ospedale per Covid nella provincia di Varese non sono pubblici, ma estratti da una persona che ha contatto con l’ospedale e che ha raccolto i numeri, li ha studiati e interpretati“.
Anche chi si occupa di data journalism da sempre, come Isaia Invernizzi, durante la pandemia ha avuto modo di porsi molte più domande riguardo alla raccolta e allo studio dei dati: “Con l’epidemia mondiale di Covid ho imparato a farmi molte più domande riguardo ai dati: mi chiedo se sono aperti o chiusi, se si possono utilizzare, chi li ha pubblicati, se sono affidabili, se sono aggiornati… La grande mole di dati della pandemia è stata un’occasione per molti giornalisti di mettere le mani in pasta. Non si finisce mai di imparare nell’analisi dei dati. Io dico sempre che il data journalism di fatto non esiste: esiste solamente il giornalismo”. Secondo Isaia, il data journalism è uno degli approcci del giornalismo: “I dati da soli non dicono nulla ma vanno interpretati con un metodo composto da quattro step: preparazione, raccolta, pulizia e analisi”.
“Il data journalism non è un articolo pieno di dati-continua Isaia- Analizzare un dato è molto importante perché ci consente di trovare la notizia. Spesso riceviamo comunicati stampa e nelle redazioni vengono considerati una fonte ufficiale. Avere un approccio o un metodo invece può essere una soluzione per non commettere errori”.
“I dati ci possono servire anche come verifica delle notizie- spiega Riccardo Saporiti, giornalista freelance e organizzatore del Glocal di Varese – Insomma, per lavorare con i dati bisogna avere molta pazienza”.