Il chiodo fisso dei giornalisti è dare per primi la notizia. Si lavora di fretta per cavalcare l’attualità. C’è una controindicazione però: i lettori rischiano di annegare in un mare di informazioni e, più che essere informati, si sentono spaesati. Bisogna chiedersi, quindi, se non sia meglio privilegiare un giornalismo più lento, di sintesi e approfondito.
Il giornalismo lento forma i lettori
Chi fa della lentezza un valore è proprio il settimanale. Donna Moderna ne è un esempio: «Il settimanale fa un giornalismo che una volta era molto veloce. Adesso, rispetto ai social, è un giornalismo lentissimo. Resta comunque il dovere di stare nell’attualità e di non creare confusione», spiega la direttrice Annalisa Monfreda. L’attenzione del giornalista, dunque, deve essere sempre massima, soprattutto sui temi sensibili come la salute: qui gli errori si pagano a caro prezzo. «Gli sbagli derivano dal fatto che il giornalista è sollecitato a stare sempre sul pezzo. Sui temi caldi – continua Monfreda – serve anche un giornalista che stia un passo indietro, e decida di parlare quando ci sono delle certezze che consentono di dare chiarezza». Altrimenti è meglio non scrivere: «il giornalismo è soprattutto cosa non scrivo e non cosa scrivo».
Ma quali sono le forme principali di giornalismo lento? «La prima è il giornalismo esplicativo, ossia quello che mette in ordine i fatti e spieghi le cose. La seconda è quella che accompagna la formazione culturale del lettore: i temi vanno strutturati nel tempo, così da accompagnare lentamente la trasformazione culturale del lettore», sottolinea la direttrice. Che suggerisce però di evitare il paternalismo: «nessuno vuole sentirsi dire cosa deve fare dai giornali».
Meritare i soldi del lettore
Fare giornalismo lento però non è semplice. La difficoltà più grande è di natura economica: spesso mancano i soldi. Qualcosa tuttavia sta per cambiare: «le persone stanno tornando a pagare per l’informazione», dice Monfreda. «Il fatto che molti siti abbiano messo il paywall sta spingendo anche gli indecisi. Ma se paghi e dai un valore, esigi qualità. La sfida di oggi è meritarsi i soldi e il tempo del lettore». Bisogna quindi farsi una domanda, conclude la direttrice: «siamo in grado di produrre qualcosa che meriti i soldi del lettore? Oggi chi ci legge è diventato davvero esigente. Se dall’articolo non gli resta niente, allora quanto scritto al suo interno non ha valore».
Della stessa opinione è anche Giovanni Tateo, direttore editoriale di menelique: «I lettori ci finanziano perché siamo indipendenti. Pagano per garantire la nostra autonomia. Questo però esaspera le critiche. Ci arrivano email dove ci chiedono perché non abbiamo trattato certi argomenti. Non dobbiamo scoraggiarci. Sono proprio queste email che ci indicano la via». I giornalisti, dunque, non devono temere il lettore. Anzi, devono stargli vicino e andarlo a cercare. Dove? Sui social: «Anche il giornalismo lento deve avere a che fare con i social. A menelique li usiamo per contattare direttamente il lettore. Il prossimo numero farà 2.500 copie e per adesso siamo soddisfatti», conclude Tateo.
Luca Carrello