«Le storie le scopro perché faccio domande: bisogna essere curiosi». Questo il messaggio che Mario Calabresi (CEO & Editor-in-Chief, Chora) ha lanciato parlando del suo nuovo libro “Una volta sola” (Mondadori). Intervistato da Mario Giovannelli, Calabresi ha raccontato l’ossatura di questo ambizioso progetto. Una raccolta di una decina di storie di persone che hanno dato una direzione inedita alla propria vita: scelte piccole ma, al tempo stesso, radicali e coraggiose. Calabresi dimostra che il tempo è limitato, e prima o poi arriva qualcosa che stravolge tutto: «abbiamo sperimentato qualcosa che per 70 anni abbiamo dimenticato: con la pandemia e la guerra, abbiamo ripreso coscienza del concetto di precarietà».
Dal ragazzo iraniano che, raggiunto il nostro Paese, si lascia sorprendere dalla vita, alla donna vittima di violenza domestica e della Camorra che sceglie di salvarsi, passando per l’uomo con il Covid che riesce a sopravvivere grazie alla moglie rimasta con lui in ospedale in un letto vicino. E poi la donna malata di tumore che registra vocali che trascrive in un libro da consegnare ai figli, i destini opposti di due fratelli e la vita di Pietro Nava dopo aver deciso di descrivere gli assassini del giudice Livatino: ogni capitolo tocca vari livelli di intensità.
Tra le storie, Calabresi ha raccontato in particolare quella di Laura, donna malata di SLA che comunica con un puntatore oculare. È a lei che l’autore ha deciso di dedicare il penultimo capitolo del libro. «Mi aspettavo di trovarla arrabbiata: l’ho trovata spiritosa e straordinariamente ironica». Di fronte alla sua resistenza e alla scelta di continuare a combattere nella prigione di quel corpo, l’autore doveva e voleva capire come si vivesse nella sua condizione. In particolare, Calabresi mostra i suoi grandi punti interrogativi: cosa farebbe se potesse avere a disposizione un giorno o anche soltanto un’ora di totale libertà dalla disabilità?