«Non è vero che non ci vogliamo più informare, lo facciamo in modo diverso»

Si apre con una riflessione sulla necessità di cambiamento del giornalismo per riconquistare fiducia, lettori e sostenibilità economica il panel del Festival Glocal 2023 “Non ci vogliamo più informare”, in programma giovedì 9 novembre in Sala Campiotti. 

Speaker dell’incontro Valerio Bassan, strategist e autore, Marianna Bruschi, head of digital a SkyTg24, Serena Danna, civedirettrice di Open, Marco Ferrando, vicedirettore di Avvenire, Riccardo Sorrentino, presidente dell’ordine dei giornalisti Lomabrdia, Luca De Biase, giornalista e Marco Giovannelli, direttore di VareseNews. 

L’incontro si è aperto dopo i saluti istituzionali di Mauro Vitiello, presidente della Camera di Commercio di Varese, Attilio Fontana, presidente di Regione Lombardia e Davide Galimberi, sindaco di Varese. 

Luca De Biase ha introdotto il tema dell’autoreferenzialità, «dobbiamo renderci conto che seguendo la corrente della narrativa generale non facciamo il nostro mestiere, approfondendo e andando fuori dal circolo mediatico; non facendo il nostro mestiere perdiamo credibilità» e alla frammentazione della società «viviamo un momento in cui la società è polarizzata: il ceto medio diminuisce e si polarizzano sempre di più gli spazi della base e del vertice della piramide. Quindi qui stiamo combattendo una battaglia epocale, perché dobbiamo trovare il modo che i fatti siano gli stessi per tutti e poi ci si organizzi per valutarli, altrimenti sarà una frammentazione sempre più drammatica».

Riccardo Sorrentino: «Il dato da cui parte questo convegno è che sui social, il 40% delle persone quando si trova di fronte ad una notizia giornalistica la evita. Cosa sta succedendo? Per quanto riguarda il nostro mestiere vedo un disallineamento tra domanda e offerta di informazione. Questo è anche un problema di come vengono proposte le notizie, di come viene proposto il nostro lavoro. C’è la necessità da parte nostra di cambiare come ci proponiamo, tenendo conto di come è cambiato il pubblico».

Marco Ferrando ha aggiunto la tematica delle professionalità crescenti richieste nel mondo del giornalismo: «Il mercato del lavoro è sempre più ristretto, ma non è fermo perché servono professionalità nuove e servono anche dei ricambi. Allora perché i lettori scappano dall’informazione? È la domanda delle domande, la risposta più banale è che noi tendenzialmente facciamo informazione ancora in modo vecchio. Il mondo è cambiato, noi siamo cambiati, mentre il nostro mondo di riferimento è cambiato di meno. I media sono rimasti molto indietro rispetto a quanto è cambiato il mondo». 

Valerio Bassan ha parlato dei dati e dei modelli di business digitali: «Non è vero che le persone non si informano più, ma lo fanno più passivamente, lasciano che gli algoritmi propongano loro le notizie; ora le grandi piattaforme social scelgono più dei giornali cosa le persone dovrebbero leggere e il paradosso è che sono le persone ad aver portato i giornali su queste piattaforme». 

«È faticoso informare in questa fase, perché fare oggi il giornalista vuol dire avere a che fare con una gran quantità di attori e competitor e con una cassetta degli attrezzi sempre più ampia» ha dichiarato Serena Danna, che ha poi parlato del tema dei giovani nelle redazioni dei giornali: «L’unico modo per avere un giornale che riesca a parlare ai giovani, è coinvolgerli, ascoltarli, fidarsi della possibilità che hanno un punto di vista sulle cose e degli strumenti, dovuti all’età e all’esperienza, che ti possono permettere di stare nel mondo dei loro coetanei. Avere dei giovani nelle redazioni e non ascoltarli o relegarli a determinate mansioni, è un’occasione persa». 

«Ho l’impressione che in questo momento ci sia molta omologazione – ha aggiunto Marianna Bruschi -. Una parte della creazione dei contenuti è legata a cosa succede oggi, ma un’altra parte consistente è una risposta alle tendenze». 

«Non è vero che oggi non ci vogliamo più informare, l’informazione ha assunto tante sfaccettature – ha concluso Bruschi -. Oggi ci informiamo in modo diverso». 

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