A Glocal Farm esperienze di giornalismo e innovazione: dalla carta stampata all’Intelligenza artificiale

Mattinata ricca di contenuti, idee e nuove visioni per esplorare l’ecosistema dei media fra tradizione e futuro quella della prima edizione di Glocal Farm, che si è aperta con  una serie di speech che hanno affrontato le diverse declinazioni del giornalismo e della comunicazione: dalla carta stampata ai giornali digitali, dai podcast alla radio, dai social alle newsletter.

A fare gli onori di casa Riccardo Donadon, imprenditore, fondatore e amministratore delegato di H-Farm, una delle esperienze più innovative in tema di formazione e uno dei luoghi iconici dell’architettura contemporanea in Veneto, che ha ospitato l’evento e lo ha costruito insieme a Varesenews e Nem.

Ad aprire il primo panel “L’ecosistema dei media dalla tradizione al futuro” è stato Paolo Possamai, direttore editoriale di Nem, che ha introdotto la giornata e ha raccontato come è nato il progetto di Nem-nord/est multimedia: «Nem nasce con l’obiettivo di essere un polo aggregante multimediale perché non c’è dal nostro punto di vista una risposta rispetto alla crisi del nostro mondo che ha fatto titolare un rapporto “Il lettore è perduto”. No, il lettore non è perduto, è diffuso, dobbiamo cercarlo là dove segue i propri percorsi, e dunque cercare di costruire momenti e presidi, raggiungerlo sulle piattaforme che hanno una relazione forte e solida con singole classi anagrafiche, pezzi di bacini territoriali, aspetti di interesse che caratterizzano determinate nicchie sociali. Con tentativi di risposte».

Francesco Cancellato, direttore di Fanpage, ha raccontato la storia e i “segreti” del giornale che dirige da tre anni: «Noi di Fanpage siamo generalisti e popolari – spiega – Essere generalisti significa abbracciare l’idea di poter fornire al lettore notizie e informazioni su un’ampia varietà di argomenti, permettendogli di farsi un’idea complessiva. Questo approccio non è totalizzante e non esclude altre letture, ma offre materiale sufficiente per soddisfare il desiderio di informazione del lettore”. Essere popolari, invece, qualifica il nostro generalismo. Significa non avere la presunzione di considerare alcuni argomenti di serie A e altri di serie B, ma trattare ogni tema con la dignità e l’attenzione che merita». Cancellato ha anche spiegato come per costruire il cambiamento sia necessario essere un giornale giovane: «Fanpage è un giornale giovane, non tanto dei giovani. È propenso al cambiamento per portare valori importanti e novità. Assumete giovani: questo è l’augurio più importante che posso farvi”

Sara Zambotti, conduttrice della trasmissione Caterpillar di Radio 2, ha raccontato come sta cambiando la radio, uno strumento “vecchissimo” che quest’anno compie 100 anni,  ma che ha saputo innovarsi pur mantenendo intatta la magia della diretta e del fare comunità: «Anche la radio dovendo confrontarsi con altre forme di racconto innovativo, prime tra tutte il podcast, è stata spinta ad innovarsi e ha riscoperto il formato della diretta. La radio offre tante virtù date dalla sua leggerezza tecnica: la radio è uno strumento semplice e cento anni dopo la sua nascita la sua missione è ancora la stessa: un racconto sonoro. La radio è un mezzo che richiama il tema della partecipazione: il 63% degli ascoltatori  interagisce con la radio, si crea comunità. Se non è un rinascimento quello della radio dopo l’avvento dei podcast, diciamo che è una sopravvivenza gagliarda».

Beniamino Pagliaro, fondatore e amministratore delegato della newsletter Good Morning Italia, ha raccontato come è nata e cresciuta l’esperienza di Buongiorno Italia: «È un briefing sulle principali notizie che arriva alle 6.30 di mattina in forma di newsletter e in cinque minuti dà le informazioni per affrontare la giornata avendo uno sguardo chiaro sulle notizie. Il briefing si è evoluto nel tempo: nel 2014, dopo una prima prova gratuita, l’abbiamo messa a pagamento. Oggi la nostra comunità raggiunge ogni mattina quasi 100mila persone tra abbonati consumer e aziende abbonate». Il tempo è prezioso e le newsletter accompagnano la conoscenza: «Il lavoro che cerchiamo di fare con Good Morning Italia è rendere semplici anche fenomeni complessi e portarli vicini all’esigenza delle persone. Creiamo nuove routine per avvicinare i lettori all’informazione. Sono convinto che il vero valore si misuri nel tempo. I modelli di business sono validi se l’abbonato rimane a lungo. Cosa sto facendo io per quella persona? Se riesco a rispondere a questa domanda offrendo un servizio di valore, l’abbonato rimane. Il giornalismo è anche fatica: da noi designer, sviluppatori, ingegneri e giornalisti lavorano insieme. Siamo una squadra composita e dopo dieci anni la cosa di cui vado più fiero – spiega il fondatore Pagliaro – è che la squadra funziona con metodo e cresce nel tempo».

Francesca Milano, direttrice di Chora New ha parlato in collegamento sul tema “Le storie da ascoltare: il podcast è una scommessa o il mezzo del presente?”: «Dopo 15 anni al Sole 24 Ore nel mondo del podcast ho visto tante opportunità. Viviamo in un mondo sopraffatto dalla vista: il senso che era più sottovalutato era quello dell’udito. Questo senso è sempre attivo anche quando facciamo dell’altro: i podcast ci permettono di informarci ascoltando le notizie mentre facciamo altro, mentre camminiamo, andiamo in macchina o cuciamo. I podcast riempiono questi momenti. Tutti hanno una “dieta” mediale verticale, che varia secondo il proprio interesse, in base a quello che serve e interessa: il podcast risponde a questa esigenza perché è un prodotto verticale e tematico. Ogni podcast ha il suo pubblico e per ogni podcast bisogna pensare a un pubblico diverso. L’idea è di raccontare le notizie pensando che chi le ascolta è interessato a quelle notizie ea quel tema specifico. Un pubblico piccolo ma molto attento. Il podcast è un media in evoluzione che ha tanti vantaggi come quello di lavorare insieme tra professionalità diverse e di contaminarsi con altri media».

Bianca Arrighini, co-founder e ceo di Factanza Media ha stimolato la riflessione sul tema “Nuovi linguaggi per nuovi lettori: cosa cambia con i socia”: «Ho fondato con un’amica Factanza a 21 anni nel 2019, perché non trovavamo media che rispondessero alle nostre esigenze e che parlassero con gli strumenti che usiamo noi ragazzi, per esempio i social. Ci siamo dette che i giornali tradizionali non ci stavano parlando, non stavano parlando ai giovani e se una fascia della popolazione non si informa è un problema.  Siamo quindi partiti da un problema e abbiamo trasformato una passione in un lavoro. Oggi siamo una realtà formata da 20 persone. Oggi un italiano su tre si informa solo sui social network. I newsmaker hanno quindi il bisogno e il dovere morale di stare sui social che sono una opportunità ma anche un rischio. Dobbiamo decidere se entrare nella grande piazza dei social oppure non farlo. Se decidiamo di farlo servono coerenza, capacità di adattamento e qualità. Elementi fondamentali perché se l’informazione ha come scopo quello di arrivare alle persone bisogna andare dove sono le persone».

Fabrizio Brancoli, vice direttore di Nem, ha parlato del tema: “Giornalismo di confine: le comunità e i territori”: «Trieste è un mosaico parcellizzato: è un luogo fatto di confini. Fare giornalismo qui significa avere a che fare con minoranze e persone anche molte lontane da noi. È fondamentale rapportarsi con un territorio che ha confini multipli. Trieste è tornata a fare parte dell’Italia nel 1954 ed esistono rapporti e contatti forti tra le diverse comunità oltre confine. Noi del Piccolo entriamo in questi territori: stiamo pensando di fare la nostra riunione di redazione in Croazia; stiamo poi avanzando collaborazioni e collegamenti con giornali locali austriaci per poterci occupare per esempio meglio di altre zone. Il Piccolo ha una pagina dedicata all’Istria e una dei Balcani. Per noi è importante esserci».

A concludere la prima parte della mattinata il direttore di Varesenews e presidente di Anso Marco Giovannelli, direttore VareseNews e presidente Anso. “Esiste ancora l’iperlocal con il digitale?” il tema del suo intervento. Giovannelli ha spiegato brevemente come è nata la collaborazione che ha portato all’evento di H-Farm, e ha aperto una riflessione che è partita dal rapporto.

Il direttore di Varesenews è poi rimasto sul palco per coordinare  il talk finale sul futuro del giornalismo con Luca Ubaldeschi, direttore responsabile di Nem; Massimo Russo, direttore digitale di Hearst corporation; Riccardo Terzi, Head of news partnership di Google per l’Europa meridionale e Carlo Bartoli, presidente dell’Ordine dei giornalisti.

Ad aprire il dibattito Calo Bartoli: «La crisi di fiducia e credibilità che ha il lettore nei nostri confronti, è una crisi che è estensibile a istituzioni e professioni che il cittadino si trova a dover giudicare. Dovremmo lavorare facendo bene il nostro mestiere, preoccuparci delle nuove generazioni, dell’ambiente e della sostenibilità. Credo che l’informazione serva per rispondere a quesiti in apparenza banali ma che si ripercuotono nella nostra vita quotidiana e il giornalismo deve rispondere a grandi quesiti ma anche a quelli più piccoli, anche imparando a narrare con modi diversi. Quello che manca è una strategia: l’Italia dal punto di vista culturale ha ancora un ritardo importante. Non si considera il problema e non si ritiene di doverlo affrontare in una maniera sistematica».

Luca Ubaldeschi ha evidenziato come una delle risposte alla crisi del giornalismo possa essere la strategia dietro al progetto di Nem: «In Nem ho visto l’opportunità di avviare un progetto costruttivo, non limitarci solo alla ristrutturazione come avviene in altre realtà giornalistiche italiane. Ritengo fondamentale integrare e unificare giornali cartacei e testate digitali in un sistema consolidato e formare un gruppo coeso. Il nostro obiettivo è anche quello di ampliare il profilo di questi giornali senza cambiarne l’identità. Partiamo da un solido radicamento territoriale che difenderemo, ma desideriamo espanderci per rendere chiaro al pubblico che offriamo una visione completa, guardando oltre il territorio».

Secondo Massimo Russo: «Il giornalismo non è terra di nessuno. È il mondo in cui viviamo, e come semplicemente é cambiato tutto, radicalmente è cambiato anche il giornalismo, a partire dall’offerta. Oggi è scarsissima l’attenzione e abbondantissima l’informazione. Il giornalismo sta nel mercato della relazione: ha una moneta che è l’attenzione e un valore che è la fiducia.  Questa moneta e questo valore sono stati soppiantati dalle nuove tre W: la velocità, i volumi e la violenza, per ovviare alla capacità di sviluppare attenzione. Iniziare a pubblicare meno ma con più senso».

Riccardo Terzi: «Lavoro per Google che è stata definita oggi un intermediario, che nella vita dei giornalisti e dei media sta assumendo sempre più importanza. Premesso che nel report non ho rilevato segnali di controtendenza rispetto a un trand globale, mi ha colpito la mancanza di fiducia, allineato con gli altri Paesi ma significativo. In questo contento si inserisce la “discesa” di Meta e la comparsa di un nuovo player come TikTok.

A chiudere il dibattito una riflessione sull’intelligenza artificiale aperta da Massimo Russo: «Abbiamo un patto con il lettore: qualsiasi contenuto generato come intelligenza artificiale va etichettato come tale». Riccardo Terzi: «Come tutti in questo ecosistema stiamo studiando, per Google è un’esperienza inedita e anche noi tendiamo a “spacchettare il tema: coraggio e passione per testare il nuovo a partire dai nostri servizi e guidare questa cosa; c’è poi un tema di profonda responsabilità: come tutte le tecnologie è possibilità di innovazione ma anche potenzialmente pericolosa, dunque c’è molta attenzione e prudenza».

«Stiamo esplorando l’uso dell’intelligenza artificiale in modo ancora elementare – ha detto Luca Ubaldeschi – È essenziale comprendere il suo enorme potenziale e le diverse modalità in cui può essere impiegata nell’ambito dell’informazione. Un aspetto fondamentale è la questione della riconoscibilità: distinguere se l’origine dell’informazione sia umana o derivi dall’intelligenza artificiale. È altresì cruciale che, per una volta, non siamo noi giornalisti ad essere guidati dalle tecnologie, ma che siamo capaci di utilizzare l’intelligenza artificiale in modo critico e responsabile, evitando di diventarne semplici strumenti».

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