Mentre il giornalismo è una professione in continua evoluzione, come cambiano le attività di chi deve formare i giornalisti di domani? È da questa domanda che ha preso l’abbrivio il confronto pomeridiano sul palco di Glocal Farm, appuntamento trevigiano del festival ideato da VareseNews organizzato in collaborazione con Nem – Nord Est Multimedia e ospitato da H-Farm.
«Il mondo della formazione dovrebbe cambiare ogni giorno», ha spiegato Gianni Riotta, direttore del master di giornalismo della Luiss di Roma, «oggi le scuole di giornalismo devono preparare candidati ad un esame di Stato che è rimasto uguale a quando lo feci io molti anni fa e allo stesso tempo ad un mercato del lavoro che ogni sei mesi vede cambiare completamente le mansioni. Una volta il giornalista era un professionista umanistico, oggi dobbiamo educare persone che siano a proprio agio tanto con le parole quanto con i numeri».
Esempio molto attuale quello legato all’ingresso dell’intelligenza artificiale all’interno delle redazioni. «Noi abbiamo laboratori specifici sul machine learning e sull’AI», ha sottolineato Marco Ferrando, direttore del master di giornalismo dell’Università di Torino, «oggi la fase di timore rispetto a ciò che questa tecnologia possa togliere a chi vuole entrare nel mondo del giornalismo è abbastanza superato, per concentrarsi sul fatto che l’AI si occuperà delle parti del lavoro a minor valore aggiunto e il giornalista umano dovrà mostrare maggiori abilità nelle fasi a più alto valore aggiunto».
Tanto più, ha aggiunto la caporedattrice di Il Bo Live Elisabetta Tola, che «in due anni siamo passati dall’idea che le tecnologie di intelligenza artificiale sarebbero state disponibili solo per grandi redazioni come la Reuters, AP o il New York Times, al fatto che anche i freelance possano utilizzare questi strumenti».
Ma il tema della tecnologia e dell’innovazione è stato al centro della riflessione nel pomeriggio di Glocal Farm. «La nostra idea era che un giornalismo che produce buoni contenuti possa trasformarli in un servizio che sia pagato dall’utente». Così Annalisa Monfreda ha raccontato la genesi di Rame, piattaforma dedicata alla divulgazione economica. Un tema che «nei giornali viene nascosto sotto un linguaggio tecnico, che allontana soprattutto le donne. Noi abbiamo innovato il nostro modello di business, costruito una community e realizzato contenuti gratuiti che, grazie all’intelligenza artificiale generativa, diventerà un’app per la finanza personale che rilasceremo tra qualche settimana».
L’innovazione, ha ricordato il fondatore e amministratore delegato di H-Farm Riccardo Donadon, ha bisogno di ottimismo e non accetta pause. «Siamo partiti qui nel 2005, volevo realizzare un’area che potesse pensare all’innovazione con ottimismo, una parola che in Italia non è tanto utilizzata ma di cui i più giovani hanno bisogno», ha spiegato, «siamo partiti con le startup, ora stiamo lavorando sull’educatione e il prossimo passo è quello del MedCare». Altra necessità, quella di fare sistema, come ha sottolineato Gabriele Ronchini, amministratore delegato di Zest Investments, realtà nata dalla collaborazione tra Digital Magics e LVenture. Una sinergia «spinta dalla necessità di fare sistema per operare nel modo corretto in tutti i sistemi e in tutti i mercati. Il venture capital si confronta da subito cin un mercato globale e deve avere i muscoli per riuscire a farlo».
Innovazione che non riguarda però solo le startup. Lo ha ricordato Gino Franco, Managing Director di Yunex Traffic Italia: «dal primo semaforo installato a Berlino cento anni fa alla mobilità intelligente di oggi, dai sistemi di prevenzione delle congestioni che stiamo installando a Londra alle tecnologie che variano la priorità delel linee tranviarie cittadine di Francoforte».