La 13esima edizione del Festival Glocal a Varese si è aperta questa mattina in Sala Campiotti con i saluti istituzionali di Anna Deligios (Dirigente area Risorse e Patrimonio della Camera di Commercio di Varese), del Sindaco Davide Galimberti e del Presidente della regione Lombardia Attilio Fontana che ha dichiarato: “Mi complimento con Marco Giovannelli che è stato visionario quando ha creato VareseNews, ma anche questo evento. Oggi bisogna spendere due parole sull’intelligenza artificiale. Noi come regione Lombardia stiamo cercando di estendere la digitalizzazione in tutte le attività e questo include anche l’AI. Ci sono delle norme che già la regolamentano, bisogna quindi iniziare a fare formazione. L’intelligenza artificiale è una grande opportunità che però se si gestisce in modo sbagliato rischia diventare qualcosa di davvero pericoloso”.
Il primo panel, intitolato “Tra bias e allucinazioni, l’intelligenza artificiale può essere uno strumento per il giornalismo?”, ha visto la presenza di Michela Colamussi, Director of Transition to Digital and Innovation (Gruppo Monrif), Luca Mari, Professore di Scienza della Misurazione (Università LIUC), Riccardo Sorrentino, Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, Luca Tremolada, Datajournalist e giornalista di scienza per Il Sole24Ore, e Luca Zorloni (Responsabile area digitale, Wired Italia).
Come può l’intelligenza artificiale diventare uno strumento di lavoro? È questa la domanda a cui hanno cercato di rispondere gli speaker. Luca Mari ha innanzitutto spiegato: “Questi strumenti funzionano bene solo se sono stati addestrati con dati di buona qualità”. In che modo possono rivelarsi vantaggiosi? Zorloni ha raccontato: “Stiamo provando ad utilizzare l’AI per agevolare e rendere più ricco il lavoro che facciamo. Ma al centro deve esserci sempre il giornalista“. Anche Colamussi ha confermato l’utilità dell’intelligenza artificiale nel giornalismo presentando il nuovo tool del Gruppo Monirf, l’Ai-light, il cui obiettivo è “avere uno strumento unico che renda il lavoro redazionale più facile e produttivo”. Ma come si fa a stabilire un confine tra l’AI e il giornalista? “L’intelligenza artificiale è in rapidissime espansione e, purtroppo, si corre il rischio di produrre delle norme che diventino subito vecchie”, ha spiegato Riccardo Sorrentino. Secondo Tremolada però: “L’intelligenza artificiale non scriverà mai come noi. Il motivo? Non ha il senso della notizia“.
La seconda parte di questa prima giornata di Glocal si apre in Sala Campiotti con il panel “Salvare i giornalisti e le giornaliste per salvare il giornalismo: l’osservatorio sul giornalismo digitale” con la presenza di Carlo Bortoli, giornalista e Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Andrea Iannuzzi, Senior Managing Editor de La Repubblica, Antonio Rossano, giornalista e presidente di Media Studies e Mario Tedeschini Lalli, giornalista e storico.
Ad aprire il panel è stato Antonio Rossano che ha spiegato il ruolo dell’Osservatorio sul giornalismo digitale: “Si tratta di un centro di divulgazione di informazione e di analisi che descrive gli scenari e le prospettive soprattutto da un punto di vista qualitativo”. L’Osservatorio sta registrando una realtà mutevole e in continua trasformazione di cui fa parte l’intelligenza artificiale, oggigiorno sempre più presente nelle redazioni. Come fare a salvare il giornalismo? Bartoli ha dichiarato: “Il giornalismo, che ha sempre vissuto grandi cambiamenti, si salva se c’è una visiona e se questa visione è condivisa. I giornalisti da soli non salveranno il giornalismo, occorre una presa di coscienza collettiva. E per fare questo abbiamo bisogno di un piano condiviso con gli editori e le istituzioni”. Le tecnologie mutano, così come le relazioni umane e il giornalismo stesso: “L’aver vissuto in prima persona il fenomeno della rivoluzione digitale sul giornalismo italiano, posso dire che l’unica cosa che ho capito è che questa rivoluzione non finisce mai“, ha affermato Tedeschini Lalli, per poi proseguire: “Per salvare il giornalismo ciò che innanzitutto dobbiamo fare è reinterrogarci su quali sono le cose che distinguono i nostri prodotti dal quelli realizzati dal primo che passa”.
Il pomeriggio di Glocal in Sala Campiotti prosegue con l’incontro dal titolo “Blog generation, ne è valsa la pena? Il digitale visto dagli “Esploratori di un mondo nuovo” con Maffe De Baggis, Digital Strategist e ricercatrice, il giornaliste Luca De Biase e il giornalista e storico Mario Tedeschini Lalli. Un incontro in memoria di Giuseppe Granieri, uno dei pionieri della cultura digitale italiana e tra i più preparati osservatori delle evoluzioni del web. “Granieri ha dato vita non solo a un movimento culturale, ma a un utilizzo delle tecnologie volto a valorizzare i singoli sforzi. Al tempo se i blog si citavano tra loro diventavano tutti più rilevanti. Oggigiorno, invece, la competizione dei like è più importante della collaborazione culturale”, ha affermato De Biase. Oggi i blog sono stati sostituiti in gran parte dei social media, ma De Baggis ha ricordato: “Ciò che più amavo dei blog era il fatto che fossero un un modo per le persone di raccontare i propri pensieri, i propri punti di vista, senza dover aver per forza l’approvazione dal pubblico”. Ma ne è valsa la pena? Secondo Tedeschini Lalli sì: “Io credo che valga sempre la pena quando si parla di uno sforzo culturale, specie se fatto in maniera collettiva. Giuseppe Granieri ha aiutato me a conoscere questa generazione di intellettuali digitali e l’evoluzione che c’è stata io l’ho vissuta consapevolmente, riuscendo ad aprire gli occhi su tante cose”.
Al Salone Estense, invece, ad aprire il pomeriggio della prima giornata di Festival Glocal 2024 è il panel “Le domande degli uffici stampa”. Al tavolo dei relatori: Nicoletta Angioni, Corporate and Business Communication Manager di Sea Milan Airports, Davide Cionfrini, direttore di Varesefocus e responsabile ufficio stampa di Confindustria Varese, il giornalista Gianfranco Fabi, ex vicedirettore de “Il Sole 24 ORE”, Piero Orlando, Senior Media Relations & PR Consultant d’I Comunicazione, Andrea Camurani, giornalista di VareseNews e Silvia Giovannini, giornalista e social media manager di Confindustria Varese.
“In venti anni il mestiere dell’ufficio stampa è cambiato. Sono cambiati gli strumenti, i canali e il modo di comunicare. Oggi si parla di video, podcast, social media. Ciò che è certo, però, è che non sono cambiati i valori di fondo di questo lavoro: correttezza e trasparenza.” Così Nicoletta Angioni apre la discussione sul ruolo degli uffici stampa nel mondo della comunicazione attuale.
Un ruolo che, come ribadito da Gianfranco Fabi, è oggi più che mai fondamentale. Secondo l’ex vicedirettore de “Il Sole 24 ORE”, “gli uffici stampa sono alleati preziosissimi per la verifica delle fonti. In un mondo in cui le informazioni viaggiano rapide e in maniera simultanea sul web e sui social, il loro lavoro permette al giornalista di mantenere la qualità”. Concetto sottolineato anche da Andrea Camuriani, che ha descritto gli uffici stampa come “strumenti preziosissimi nella cassetta degli attrezzi di un giornalista”.
Importanza ribadita anche da Piero Orlando e Luca Cionfrini , che hanno parlato di un ruolo insostituibile in grado sia di dare un punto di vista tecnico e preciso che di contestualizzare le notizie e creare una relazione di fiducia con i giornalisti.
Al Salone Estense, la giornata si conclude con il panel “L’Intelligenza Artificiale nelle testate locali” insieme ad Armando Stella, vicedirettore de “Il Giorno”, Paolo Cagnan, Head of digital and multimedia di Nord Est Multimedia, Tomaso Bassani e Tommaso Guidotti, rispettivamente vicedirettore e giornalista di VareseNews.
La discussione si apre con una considerazione di Armando Stella su cosa significhi fare il giornalista ai tempi dell’intelligenza artificiale. Il vicedirettore de “Il Giorno” sostiene che “L’IA può sostituire solo una parte del lavoro giornalistico. Ma non il fulcro del mestiere. Ovvero, incontrare le persone, vedere con i propri occhi, cercare dati che non esistono per inchieste. Un giornalismo che si accontenta di rielaborare ciò che c’è in giro è destinato a fallire. La figura del giornalista si salverà se ritroverà l’essenza della sua funzione”.
L’Intelligenza Artificiale, però, può senza dubbio essere uno strumento estremamente utile per i giornalisti. Come sottolineato da Paolo Cagnan: “Può snellire i lavori ripetitivi come le pubblicazioni sui social, le newsletter, il data mining, alcune forme di visual storytelling. La suddivisione in paragrafi, l’assemblaggio di fonti diverse. Il tutto nell’ottica Human in the loop. Ovvero, con la presenza costante e vigile di un’intelligenza umana”.
Nella sala Varese Vive, invece, il pomeriggio si è aperto con il panel dal titolo “Una generatività trasparente e inclusiva: l’intelligenza artificiale del manifesto e il giornalismo del prossimo futuro”. Luca De Biase, editor di innovazione per Il Sole 24 Ore, ha mediato l’incontro, a cui hanno preso parte Matteo Bartocci, direttore web del Manifesto, Robert Alexander, responsabile progetto MeMa per il Manifesto, Josephine Condemi, giornalista freelance e dottoranda in “Scienze umanistiche” e Ruggero Marino Lazzaroni, data journalist. Nel panel è stato esposto il MeMa (Memoria Manifesta), un progetto finalizzato alla creazione di un archivio digitale basato sull’intelligenza artificiale, messo a disposizione della redazione e dei lettori.
“Il sistema ha l’obiettivo di allargare e approfondire le conoscenze della nostra comunità”, dice Bartocci. Mema è un progetto portato avanti dalla redazione del Manifesto, che ha scelto di non ricorrere a Chatgpt o ad altri sistemi. “La scelta di non delegare a terzi la gestione del progetto presenta come vantaggio l’interiorizzazione di saperi: ci permette di ragionare su dispositivi sociotecnici che producono cultura e sviluppare competenze in ottica futura. In più, questo servizio può essere una fonte di ricavo per la cooperativa, se sfruttato adeguatamente”. Il sistema sviluppato dal giornale permetterà di fare ricerche d’archivio anche per area semantica. “Sarà possibile raggiungere articoli vecchi del giornale digitando una parola, oppure formulando una domanda. Il sistema proporrà contenuti correlati sulla base di un’informazione temporale, spaziale o legata a soggetti o gruppi di persone”, spiega Alexander.
Alle 16.30 la sala Varese Vive ha ospitato l’incontro “La fotografia nel giornalismo sportivo”. Damiano Franzetti, giornalista sportivo per VareseNews, ha intervistato i fotografi Simone Raso e Mattia Ozbot. “La missione del fotografo sportivo consiste nell’essere nel posto giusto al momento giusto e anticipare quello che sta per succedere”, dice Raso, che nel suo rullino vanta fotografie di partite di basket, di gare di vela e di momenti di sport e non solo. E aggiunge: “Il trucco per fare un buon lavoro inizia in fase di preparazione. Da un lato, è importantissimo scegliere bene l’attrezzatura da prendere e immaginare in che modo si andrà a svolgere il lavoro. Dall’altro, occorre documentarsi a fondo sullo sport che si intende seguire”. Specie per quelli meno noti. “Conoscere una disciplina a fondo serve per fare bene questo mestiere. Capisci dove conviene posizionarsi per cogliere un certo tipo di movimento e dare l’effetto che desideri all’immagine”, spiega Ozbot, dieci anni di carriera e svariati palcoscenici italiani e internazionali. Alla buona riuscita concorre anche il rapporto con i colleghi. “Capita che tra fotografi valga il “mors tua vita mea”. Tutto sta nella cooperazione che riesci a instaurare con i colleghi e nella tua disponibilità a dare una mano in caso di bisogno”.