Di cosa si è parlato venerdì 8 novembre al Festival Glocal

Dalle 9 in Sala Campiotti si tiene l’incontro “Le società sportive che diventano media company”. Francesco Mazzoleni, giornalista di VareseNews, intervista Marco Gandini, responsabile comunicazione e stampa della Pallacanestro Varese, e Roberto Monzani, responsabile Inter Media House.

“La missione della media house è quella di creare un forte senso di comunità. Ci interessa raccontare quanto è bello di essere noi, e non quanto è brutto essere gli altri”, spiega Monzani. Soprattutto nei momenti difficili. “Penso all’ultima giornata dello scudetto del Milan: abbiamo valorizzato l’abbraccio del pubblico ai ragazzi per il lavoro fatto durante l’anno. Da quella delusione è nata poi la finale di Champions della stagione dopo e la vittoria del campionato due anni più tardi. E noi abbiamo raccontato questo percorso”.

“Nel nostro lavoro bisogna cercare di separare i risultati sportivi da quelli del brand. Non sempre è possibile, chiaramente, però almeno idealmente bisogna tenere distinti questi due ambiti”, dice Gandini. “Paradossalmente, spesso sono i risultati negativi a creare più engagement: il tifoso è più propenso a commentare un post in caso di sconfitta, piuttosto che in caso di vittoria. Però questo tipo di engagement non ci serve, è negativo: non porta a rafforzare il senso di comunità, anzi”.

In sala VareseVive la seconda giornata di Glocal inizia invece con il panel intitolato: “L’intelligenza artificiale per il bene comune: opportunità e sfide” con la presenza di Andrea Piscopo, Direttore CSV Friuli Venezia Giulia, e il giornalista Andrea Quadroni. Il volontariato e il terzo settore ruotano intorno alla costruzione di reti fatte di operatori, volontari, amministratori. La relazione umana potrà mai essere sostituita da un correlato artificiale? È questa la domanda che ha animato l’incontro. Secondo Quadroni no: “L’intelligenza artificiale non sostituirà mai i giornalisti, specie chi come me fa la cronaca locale. Chat Gpt può farti un articolo, ma è un racconto davvero inanimato. E non può nemmeno battere le agenzie”. Piscopo, invece, è convinto che l’AI non sia né buon e né cattiva, ma semplicemente uno strumento. In questo contesto assumano un ruolo di primaria importanza le domande: “Sono il motore dell’esistenza, ma ci sono due aspetti molto importanti: il primo è quello di fare domande giuste, il secondo è che le domande comportano un esercizio di potere. E spesso esercitare un potere vuol dire assumersi dei rischi. E non tutti vogliono”, dichiara Piscopo.

A pochi metri di distanza, al Salone Estense la seconda mattinata di Glocal inizia con il panel “La rete che dimentica: la deindicizzazione automatica degli articoli”, moderato dal giornalista di VareseNews Andrea Camurani con la partecipazione di Lorenzo Bagnoli, condirettore di Irpimedia, Raffaele Angius, giornalista della stessa testata e Mario Tedeschini Lalli, giornalista e storico.

L’incontro si apre con l’intervento di Tedeschini Lalli, in grado di inquadrare subito il nucleo della discussione. Come sintetizzato dal giornalista, il problema della deindicizzazione nasce dal fatto che “il web ha creato un nuovo orizzonte temporale per i contenuti giornalistici. Tutto quello che pubblichiamo oggi continua a esprimere i suoi effetti anche nel futuro. Gli effetti, ovviamente, possono essere positivi o negativi, a seconda del caso. Ciò che è fondamentale, però, è trovare un equilibrio tra il diritto all’oblio e alla privacy e la libertà di stampa. Il giornalismo non può sottomettersi completamente e  non deve limitarsi ad assecondare ogni richiesta”.

La discussione prosegue con Lorenzo Bagnoli che ha raccontato un’inchiesta di Irpimedia sul business della deindicizzazione: “Con l’inchiesta che abbiamo condotto su Eliminalia, società fondata dall’imprenditore spagnolo Didac Sánchez, abbiamo svelato un vero e proprio business della deindicizzazione. Un giro d’affari da milioni di euro per alterare il posizionamento online di contenuti negativi per i propri clienti, ignorando di fatto tutti i requisiti del diritto all’oblio”.

Raffaele Angius ha poi sottolineato lo strapotere dei giganti del web nella deindicizzazione: “Il problema più grande è che le mansioni che un tempo richiedevano un intervento dello Stato, tramite un giudice o un’altra autorità, ora sono state delegate a un privato come Google. Per deindicizzare un articolo basta il parere della società e non di un’autorità. Un paradosso che ha un effetto devastante sul nostro lavoro.”

A VareseVive la giornata prosegue con un panel intitolato “Fermate le rotative, noi usciamo sui social” con la partecipazione di Alice Giusti, Head of Content di Factanza News, Lea Orifici, autrice e content creator di Torcha e Paolo Bovio, managing editor di Will Media. Come lavora una media company? E quali sono le maggiori differenze tra l’informazione fatta online e quella tradizionale? Secondo Bovio la vera forza dei social è “riuscire a raggiungere chi non ti stava cercando, senza lasciare indietro nessuno”. In questo contesto cambia anche il rapporto tra chi diffonde informazione e chi ne fruisce. Orifici infatti racconta: “L’idea è quella di essere pari, la distanza viene azzerata “. Ma specifica: “Questo non vuol dire che chi ha creato il contenuto non abbia infinte competenze sul tema”. È più importante la grafica o il testo? Giusti afferma che vanno di pari passo: “La grafica non è un semplice contorno, è parte integrande del contenuto”.

Alle 11, in un Salone Estense pieno di studenti liceali, è il turno del panel “I dati sulla mobilità nel racconto giornalistico” moderato da Paolo Garavaglia, direttore Comunicazione, Relazioni Esterne e Sostenibilità di Trenord con il giornalista di VareseNews Roberto Morandi, Giovanni Chiodi, responsabile Data Management di Trenord, Dino Nikpalj, vicecaporedattore dell’Eco di Bergamo e Glauco Mantegari, responsabile Business Development di Motion Analytica.

Dopo un breve dibattito con gli studenti condotto da Paolo Garavaglia, Giovanni Chiodi ha presentato i dati e i modelli predittivi di Trenord per il futuro, sottolineando una necessità di cambiamento per far fronte alle sfide del futuro, in primis il cambiamento climatico. Un percorso in cui, come ricordato da Glauco Montagari, può giocare un ruolo chiave lo studio dei big data volto a comprendere le abitudini dei viaggiatori.

Dati che sono necessari anche nel raccontare giornalisticamente la mobilità. “La narrativa” – dice Dino Nikpalj- “deve essere cambiata.  Da un punto di vista del giornalista il racconto di quello che succede rimane fondamentale, ma servirebbe un salto di qualità che deve basarsi sui dati reali della situazione, come quelli presentati oggi da Chiodi e Montagari”.

La stessa visione è stata sostenuta anche da Roberto Morandi: “L’approccio molto spesso rimane legato all’aspetto episodico delle segnalazioni e troppo legato al presente, senza neppure lo sforzo di aggregare i dati. In questa maniera i giornalisti perdono la capacità di incidere e di essere voce critica del proprio territorio. Una tendenza che può essere invertita solamente avendo a disposizione i dati forniti dagli enti ufficiali”.

Sempre alle 11, ma nella Sala Campiotti, si tiene il panel “Lo stato di salute dell’informazione italiana”. Marco Giovannelli, direttore di VareseNews, media l’incontro, a cui partecipano Alessio Cornia, Associate Professor presso Dublin City University (DCU), Carlo Bartoli, direttore dell’Ordine dei Giornalisti, Riccardo Terzi, Head of news partnerships Southern Europe di Google, e Marianna Bruschi, caporedattrice di Skytg24.

Si è dibattuto attorno al modo in cui gli italiani si informano. Cornia ha presentato un report del Reuters Institute for the Study of Journalism presso l’Università di Oxford. Se nel 2016 il 74% degli intervistati si dichiarava molto o estremamente interessato, quest’anno solo il 40% si definisce tale nel nostro Paese. Indagare le ragioni di questo declino resta complesso, ma si possono notare due connessioni temporali rilevanti.

La prima è la vicinanza di un primo calo marcato (2019) con le elezioni politiche del 2018, i cui risultati hanno evidenziato una forte frammentazione del quadro politico. La seconda è la diminuzione significativa dell’interesse tra il 2021 e il 2022, coincidente con il calo fisiologico di attenzione per l’informazione a seguito della fine della fase più acuta della pandemia da Covid-19, durante la quale l’interesse per le notizie era leggermente aumentato.

Il pomeriggio della seconda giornata di Glocal si apre con l’incontro “Come ti senti? Lo stato della salute mentale dei giornalisti in Italia” con Alice Facchin, giornalista di IrpiMedia, Alessandra Costante, Segretaria Generale Fnsi, Gianfranco Giuliani, President Casagit, Francesco Pace, Professore di Piscologia del Lavoro e delle Organizzazioni all’Università di Palermo, Paola Rizzi, Vicepresidente di GiULiA giornaliste e Riccardo Sorrentino, Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia.

“L’idea di lavorare tanto e di lavorare non pagati è spesso accompagnato al sogno di fare il giornalista, ma non deve essere così”, ha esordito Facchin. “La nostra professione sta diventando sempre più elitaria e così non riusciremo mai  a raccontare il Paese reale”, ha continuato. Fortunatamente, però, oggi qualcosa si sta muovendo. Un primo passo è stata l’inchiesta di IrpiMedia, ma anche le numerose associazioni di supporto che stanno nascendo: “Il clima di competizione oggi sta lasciando il posto alla collaborazione”, ha spiegato la giornalista.

Alle 14.30 presso la Biblioteca civica nel palazzo Estense si è tenuto il panel “Rafforzare i legami con il pubblico nell’era dell’intelligenza artificiale”. All’incontro, mediato da Laura Amigo, ricercatrice presso l’Università della Svizzera Italiana, hanno partecipato Marta Zanichelli, coordinatrice del Master in giornalismo dell’Università IULM, Daniela Taiocchi, responsabile eventi della Sesaab, Paolo Bovio, managing editor di Will Media, e Pablo Creti, giornalista di cultura e società della Radiotelevisione svizzera.

“Le piattaforme sono il luogo dove abitiamo e se vogliamo coinvolgere i giovani dobbiamo stare lì”, dice Bovio. “Questa è una grande scommessa perché significa che si è sempre ospiti in casa d’altri. Devi giocare con le regole degli altri. Per noi è fondamentale conoscere le piattaforme e “hackerare” il loro sistema: cerchiamo di trovare degli espedienti per seminare contenuto giornalistico tagliato in modo da essere intellegibile dagli utenti. Tuttavia, non possiamo prescindere dal rapporto con la nostra audience: a partire dal 2021 abbiamo organizzato diverse iniziative in giro per l’Italia per incontrare e soprattutto ascoltare i nostri followers”.

Taiocchi, che lavora per il gruppo editoriale di cui fa parte l’Eco di Bergamo, dice: “Per noi il contenuto è il mezzo giornalistico per continuare a mantenere la relazione coi lettori. Il nostro compito è entrare nella dieta mediatica delle persone che sentono il bisogno di leggere il giornale, qualcosa che sembra fuori dal tempo ma che occorre continuare a fare. Stiamo portando avanti una “manutenzione” delle relazioni con la nostra comunità di riferimento, cioè i bergamaschi“.

“Noi facciamo della prossimità e del rapporto col pubblico il nostro core business. Offriamo concerti ed eventi sportivi. Vogliamo trasformare l’offerta digitale in meeting con i giovani”, dice Creti. “Tra le diverse cose che organizziamo, facciamo un workshop nelle scuole medie per sensibilizzare, ad esempio, sulla tematica dell’innovazione digitale”.

Il primo incontro pomeridiano nella sala Varesevive è il panel “Giornalismo di strada: un’opportunità di vita e una grande risorsa per l’informazione”, moderato dal giornalista Marco Renzi con Samia Kaffouf, coordinatrice di Zebra, Cristiano Lucchi, direttore di Fuori Binario e Stefano Lampertico, direttore di Scarp de’ tenis.

Marco Renzi apre l’incontro ponendo l’attenzione sul fulcro del giornalismo di strada, ovvero quello di “dare la possibilità a persone ai margini di ritrovare la propria dignità, vendendo giornali di strada (prodotti da loro)  alle persone per strada”.

Il primo progetto a essere presentato è Zebra, una rivista che nasce a Bolzano e che, quindi, è caratterizzata da due anime: una tedesca e una italiana, così come la città e tutto l’Alto Adige. “Una sfida”- racconta Kaffouf – “che si dipana su due linee. La prima, quella di dare voce alle persone più deboli. La seconda, quella di mantenere vive e comunicanti le due lingue”.

Ideali di fondo condivisi anche da Cristiano Lucchi. Il giornalista racconta di come “l’obiettivo principale di Fuori Binario sia  dare un reddito a chi un reddito non ce l’ha. Persone finite, per un motivo o per l’altro, fuori dai binari della vita. Il tutto, con una redazione mista, fatta da attivisti e volontari che collaborano persone senza dimora, consentendo di combattere gli stigmi che caratterizzano la vita di strada. Perché leggendo il giornale si fa fatica a distinguere il giornalista dal senza dimora”.

Ridare dignità e una voce a chi non ne ha, dunque. Settore in cui da tempo uno dei grandi protagonisti è Scarp de’ tenis. Un progetto editoriale, sostenuto da Caritas, che, come raccontato da Lampertico, è una vera e propria famiglia. “Abbiamo avuto venditori che sono stati con noi per 20 anni. Persone che non avevano nessuno e che sono state accolte e apprezzate. È questa la forza di Scarp che, oltre a dare uno stipendio, riesce a responsabilizzare e far sentire parte della collettività i dipendenti. Anche quando si sbaglia. Perché Scarp ha le porte girevoli. Si può sempre tornare.”

Alle 16.30 il Salone Estense ha ospitato il panel “Concettualizzare e implementare un uso responsabile dell’intelligenza artificiale nel giornalismo”. Colin Porlezza, Direttore dello European Journalism Observatory, ha mediato l’incontro, a cui hanno partecipato Alberto Puliafito, direttore di SlowNews, Irene Doda, giornalista freelance, e Marcello Pellizzari, Corriere del Ticino.

Doda ha raccontato la sua esperienza: “Uso l’intelligenza artificiale per fare brainstorming e per farmi suggerire suggerire delle domande su determinati argomenti. Oppure lo uso per rendere il testo più affine alle linee guida della search di Google. Pinpoint, inoltre, è uno strumento di ricerca utilissimo per noi giornalisti” Poi ha spiegato che non tutto può essere delegata alla macchina: “Una cosa imprescindibile e che non può essere esternalizzata è la postura etica. Pensiamo alla famose allucinazioni dell’intelligenza artificiale. Occorre l’intervento umano per la verifica e la contestualizzazione dell’informazione”. Ha poi parlato dei rischi sulla diffusione su larga scala dei pregiudizi sociali: “Il problema della violenza di genere, ad esempio: se la maggioranza degli articoli sono di stampo sessista, la macchina riprodurrà quella visione, rafforzandola. Occorre dunque interrogarsi: che tipo di informazione ci sta dando la macchina?”

Sulla stessa linea si è posto il discorso di Puliafito: “Per un uso responsabile dell’intelligenza artificiale è sufficiente il controllo ultimo dell’essere umano. La verifica è l’unica vera differenza tra il giornalista e l’influencer. Questo è l’unico vincolo per l’uso di queste tecnologie. Il problema è che nelle nostre redazioni c’è un grande pregiudizio nel ricorso a questi strumenti. Se affidassimo alcune attività redazionali all’intelligenza artificiale, potremmo recuperare lo spazio d’azione che compete realmente a noi giornalisti, come ad esempio il dialogo con le persone, la verifica di informazioni, il contatto con le fonti, il lavoro sul territorio”.

La giornata in Sala Campiotti si conclude con un incontro su giornalismo e Cybersecurity con Raffaele Angius, Cyber Journalist, Arturo di Corinto, Responsabile Comunicazione dell’ Agenzia Nazionale per la Cybersecurity e Pierguido Iezzi, Strategic Business Director di Tinexta Cyber. “La manipolazione non è soltanto modificare il dato o lo storytelling attraverso i social ad esempio, la manipolazione dell’informazione avviene anche con gli attacchi informatici”, spiega Angius. Ma che cosa si intende quando si parla di Cybersecurity? Di Corinto spiega: “Quando parliamo di Cybersecurity parliamo correttamente di sicurezza informatica che deve essere implementata all’interno degli oggetti quotidiani che utilizziamo nella nostra vita digitalizzata”.

Alla Sala VareseVive la seconda giornata si chiude  con il panel “I giornali per bambini e ragazzi” moderato da Lidia Romeo di VareseNews con Nicoletta Martinelli, vicecaporedattrice di Avvenire e curatrice di Popotus e Martina Recchiuti, caporedattrice di Internazionale Kids.

“Rendere più chiaro e comprensibile, non semplificare”. Questo è per Recchiuti il senso del giornalismo per bambini e ragazzi e, di conseguenza, la missione di Internazionale Kids. “I bambini vengono a contatto con le notizie in mille modi. Senza un linguaggio adatto, non riuscirebbero a comprendere in maniera corretta tutto ciò che accade intorno a loro. E un giornale è fondamentale in questo senso. Ogni metodo può essere efficace. A Internazionale Kids, oltre a tradurre articoli da giornali per ragazzi di altre nazioni, usiamo anche strumenti originali come fumetti e illustrazioni per comunicare con i più piccoli”, dice la giornalista.

Obiettivo condiviso anche da Martinelli con il progetto editoriale Popotus, inserto di Avvenire. “Il giornale è pensato in maniera tale da avere notizie  in grado di essere capite autonomamente ma, al tempo stesso, incoraggiamo anche la partecipazione degli adulti, soprattutto degli insegnanti, per facilitare e migliorare il processo di apprendimento”, ha detto la giornalista.

 

 

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