Il racconto dell’ultima giornata del Festival Glocal

L’ultima giornata del Festival Glocal si apre in Sala Campiotti con il panel “Digital journalism e podcasting”. Ospiti dell’incontro Luca Castelli, responsabile social media e digital strategist di Will Media, e Francesca Milano, Head of Chora News (Chora Media). “Dietro ai podcast c’è un grande lavoro di ricerca, lettura e registrazione, non basta accendere un microfono e parlare”, chiarisce Milano. Chora e Will, due realtà in continua crescita, cercano di non lasciare indietro nessuno: “Il nostro intento è quello di essere una cerniera generazionale, vogliamo parlare a tutti. Gli abbonati di Will, ad esempio, vanno dai venti ai sessant’anni”, racconta Castelli. Ma da dove partire per creare un contenuto? Milano spiega: “La domanda che dobbiamo porci è: quello che voglio raccontare può davvero interessare a qualcuno?”.

Al Salone Estense, invece, la giornata si apre con il panel “Giornalismo locale tra deserti di informazione nelle aree interne e storie di valore” moderato dalla giornalista Nathalie Grange con Bartolo Scandizzo, direttore di Unico, Saverio Zeni, direttore editoriale di OkNews24.it, Anna Rizzo, antropologa e Daniele Reali, direttore di Il Giunco.net.

La discussione si è aperta con la riflessione di Rizzo sulla desertificazione dei presidi tradizionali nelle aree interne italiane. L’antropologa, in uno dei suoi studi, ha cercato di capire come le persone di questi paesi possono informarsi se manca anche il giornalismo locale: “informazioni basilari come strade chiuse o interventi in aree remote e poco popolate non possono trovare risposta su Google. Ecco che allora i cittadini si organizzano in forme alternative come chat di gruppo e social media”.

La desertificazione delle aree interne è stata testimoniata anche da Bartolo Scandizzo. Il giornalista, in relazione al Parco del Cilento, ha evidenziato i problemi di queste zone: abbandono, perdita di valore economico, isolamento tra realtà confinanti. Un mondo in cui, sostiene Scandizzo, “pensare di scrivere per un comune di 250 abitanti è un’operazione a perdere sotto molti punti di vista. Il giornalismo locale, però,”- continua il giornalista- “può contribuire a evidenziare i problemi, soprattutto della gestione politica della zona, non lasciando dimenticate queste aree.”

Saverio Zeni ha, invece, parlato di un esempio concreto di come il giornalismo locale possa essere ancora un motore pulsante di una comunità, portando come ospite una sua giornalista che, dopo un grave incidente, ha continuato con dedizione e forza il suo percorso nel mondo dell’informazione. Un messaggio di grande passione per il mestiere che emerge proprio dal giornalismo locale.

In simultanea, nella Sala Varese Vive si è tenuto il panel “Oltre l’algoritmo: fare inchiesta sui sistemi di intelligenza artificiale tra Italia e Unione Europa”. Giacomo Zandonini, giornalista freelance e membro del Fada collective, ha mediato l’incontro, a cui hanno partecipato Pierluigi Bizzini, giornalista freelance e membro del Fada collective, Rahel Sereke, attivista, politologa e fondatrice di “Cambio passo” e Caterina Rodelli, EU Policy Analyst e membro di Access Now. Il tema centrale è stato quello dei sistemi di controllo predittivo delle forze dell’ordine: questi sistemi, invece di migliorare il lavoro di sorveglianza della polizia, nel tempo si sono tradotti in una vera e propria profilazione razziale – accusa rivolta all’Italia dal Consiglio d’Europa qualche settimana fa.

“In Italia si parla poco di sistemi di polizia predittiva, eppure uno dei primi sistemi in Europa è italiano: si tratta di Key Crime, nato nel 2014 nell’area di Milano”, ha spiegato Bizzini. “Per le sue investigazioni l’azienda, oggi in liquidazione, ricorreva al “crime linking”, un sistema di indagine predittiva della commissione di reati. In pratica, raccoglieva dati fisiognomici di persone e creava un database in grado di mettere in relazione persone simili tra loro. Questo sistema finiva per attenzionare maggiormente alcune piuttosto di altre: di fatto, la segnalazione delle persone straniere risultava più frequente e partiva dal pregiudizio di fondo che le persone straniere potessero commettere più crimini di altre”.

Rodelli ha poi inquadrato la questione a livello legislativo, facendo riferimento al testo finale dell’AI Act entrato in vigore lo scorso agosto. “L’AI Act garantisce ampi spazi di manovra per le forze di sicurezza. Il sistema di polizia predittiva viene proibito in Europa, ma con deroghe molte vaghe a favore della polizia e degli agenti di sorveglianza dei confini nazionali. Allo stesso modo, sono vietati sistemi di riconoscimento delle emozioni, ma – anche qui – eccezion fatta per le autorità di polizia o le autorità migratorie. Un discorso analogo riguarda le regole di trasparenza: vengono rispettate, ma con notevoli margini per le forze di polizia e di controllo dei confini che usano i sistemi di intelligenza artificiale, a cui viene richiesto di rivelare solo un certo numero di informazioni, mentre altre rimangono inaccessibili a ong e giornalisti”.

In Sala Campiotti la giornata prosegue con un incontro che vede protagonisti il Direttore del Post, Luca Sofri, e il CEO & Editor-in-Chief di Chora, Mario Calabresi. Si inizia parlando di newsletter: “Bisogna utilizzare un linguaggio che lavori molto sul rapporto personale con il lettore, deve essere molto colloquiale”, spiega Sofri. Seguito da Calabresi: “Io amo le newsletter. Hanno un pregio: non ho la sensazione di essere invaso, perché scelgo io quando andarle a leggere. Le newsletter mi danno informazioni che spesso non trovo nei giornali tradizionali”.

Si parla poi delle elezioni americane e in particolare di cosa ne sarà dopo la vittoria di Trump. Calabresi afferma: “Questa volta Trump potrà fare Trump per davvero. È preparato su cosa vuol fare, con chi, con quale persone: ha costruito una sua piattaforma. Ha un altro dato a suo favore: avrà il controllo della Camera e del Senato. Io penso che lui proverà davvero a fare ciò che ha detto in campagna elettorale”. Sofri, invece, commenta così la sua vittoria: “Trump ha piuttosto stravinto le elezioni, smentendo per l’ennesima volta i sondaggi. La vittoria di Trump è una correttissima vittoria in un sistema democratico, che racconta che la maggioranza degli americani ha scelto democraticamente di essere governati e rappresentati da lui. È una cosa spiazzante ed illuminante di cui devono tenere conto i mezzi di informazione”. L’incontro continua poi con la presentazione del nuovo libro di Mario Calabresi: “Il tempo del bosco”, in cui le domande – tema di questa edizione del festival – hanno un ruolo centrale. Il libro, infatti, nasce dall’incontro del giornalista con una ragazza che lo ferma nel cortile dell’università, gli parla della sua ansia e della paura di non essere all’altezza delle aspettative.

In parallelo, la Sala Varese Vive ha ospitato il panel “Intelligenza Artificiale e Giornalismo: le soluzioni a sostegno del giornalismo di qualità”, presentato dal Alberto Puliafito, direttore di Slow News ed esperto di AI.

Durante la prima ora teorica, è stato esaminato come l’AI possa ottimizzare migliorare le varie fasi della produzione di notizie – news gathering, news production, news distribution, news monetization. “Vi invito a usare le AI per risparmiare tempo e migliorare quello che facciamo già. Occorre delegare alla macchina delle operazioni che eseguirebbe molto meglio di noi, per concentrare le energie sul vero lavoro giornalistico, vale a dire il dialogo con le persone, l’indagine sul campo e la verifica delle informazioni”, ha detto Puliafito.

A pochi metri di distanza, al Salone Estense si prosegue con il panel “Raccontare la crisi climatica: dati, narrazioni e impatto locale”, moderato dal giornalista di VareseNews Andrea Camurani con Giacomo Di Girolamo, direttore di Tp24.it e Ornaldo Gjergji, data journalist OBC Transeuropa.

“Nel raccontare la crisi climatica”- dice Gjiergji– “C’è un doppio rischio: quello di cadere nel tecnicismo oppure nella semplificazione da infotainment. L’essenziale è unire in maniera coesa i dati delle rilevazioni scientifiche alle esperienze sul territorio. Quindi, quali sono gli effetti pratici, i cambiamenti nella vita di tutti noi. Il tutto, tenendo sempre conto delle caratteristiche locali del territorio, unendo, dunque, dati globali e locali”.

Punti condivisi anche da Di Girolamo, che ha poi sottolineato un altro problema cardine nella narrazione della crisi climatica a livello locale. Ovvero, “riuscire a far comprendere al pubblico il contesto in cui gli eventi avvengono. Un evento singolo, come la pioggia di due giorni non cancella il rischio siccità o il fatto che i dati indichino che il mondo stia andando in una direzione ben precisa. Bisogna tornare a porre l’attenzione sul contesto, non solo sul testo. Far vedere alle persone che non vogliono vedere”.

L’ultimo incontro di Glocal 2024 in Sala Campiotti è il panel “Amo la voce perché arriva dalla gente”, condotto da Stefania Radman di VareseNews con Sara Zambotti, giornalista e voce di Caterpillar su RaiRadio2, Francesca Milano, responsabile podcast per Choramedia,  Andrea Franceschi, responsabile editoriale podcast del Sole 24 ORE e Luigi Ambrosio, giornalista e voce di Radio Popolare.

Un confronto tra due modi diversi di usare la voce che convivono nel panorama giornalistico. Per Zambotti, “da quando sono nati i podcast la radio è sempre più in diretta. La sua forza, rispetto a un podcast, è l’idea originaria e antica della sintonizzazione. Ovvero, l’idea di ascoltare nello stesso momento quello che succede nel modo in quel momento lì”.

Idea ribadita anche da Ambrosio. Il giornalista di Radio Popolare ha sottolineato una differenza strutturale nella costruzione delle puntate: “il podcast è un prodotto che si basa su una sceneggiatura ben precisa, mentre la radio è diretta. È improvvisazione. La differenza sta tutta qui. Nell’adrenalina dell’andare in onda e la capacità di improvvisare.”

Dal team podcast il primo a intervenire è Franceschi, che sceglie di porre l’accento sul ritmo: “Il podcast ha un ritmo più lento della radio. E anche nel caso dei talk. Ci sono podcast che durano due ore, podcast che raccontano storie in molte puntate. Resta in comune però il concetto di comunità che si crea con gli ascoltatori, anche se non in diretta.”

Sul concetto di comunità torna anche Francesca Milano, ma in maniera diversa. Per la giornalista uno dei punti chiave è l’intimità: “La radio è un mezzo che parla a tanti. Il podcast parla a una persona. È scritto e letto in maniera intima e colloquiale proprio con questo obiettivo. Dinamica che si riflette anche nel modo di ascolto. Il podcast di solito si ascolta con le cuffiette, la radio in vivavoce”.

La Sala Varese Vive ha ospitato alle 14.30 il panel “L’informazione su carta stampata che piace ai giovani”. All’incontro, mediato da Aldo Macchi, direttore di Arcomag.it, hanno partecipato Laura Colosi, redattrice di Scomodo, Anna Frabotta, giornalista e fondatrice di Frab’s, e Tomaso Greco, Ceo e co-founder di bookabook.

Nel panel si è parlato del mondo dell’editoria cartacea e del fascino che ancora esercita sui giovani e non solo. La rivista giovanile Scomodo ne è uno esempio. Scomodo nasce nel 2016 dall’idea di due ragazzi del liceo a Roma. Viene concepita in formato cartaceo e presenta come intento fondante quello di dare spazio ai giovani . “Scomodo propone una narrazione alternativa a quella del mondo degli adulti”, dice Colosi. “Il formato dell’intervista mensile permette di rispondere all’esigenza di fermarsi e leggere un longform o un pezzo di approfondimento su temi importanti del nostro presente”.

Anche Frabotta riconosce un valore alla carta. Nel 2019 ha creato Frab’s, un piccolo negozio dedicato all’editoria indipendente con una selezione di quasi mille magazine. “Si tratta di un progetto di resistenza del prodotto cartaceo nato dalla mia passione per il mondo dell’editoria periodica di nicchia”, dice Frabotta. “La qualità della rivista è fondamentale: non accettiamo tutte le riviste. Non siamo semplici rivenditori, quello che facciamo è cultura del magazine”.

Al Salone Estense la giornata va avanti con l’incontro: “Fuori e dentro le sbarre, la narrazione del carcere” con Don David Maria Riboldi, cappellano della casa circondariale di Busto Arsizio e Susanna Ripamonti, direttrice delle Carte Bollate.  Una riflessione sul dovere dell’informazione di raccontare la realtà variegata del mondo carcerario con un’attenzione particolare per i suoi protagonista. Ma le nostre città sono davvero così pericolose come molti giornali titolano? Secondo Don David no: “Credo che oggi ci sia un piacere a far percepire una realtà diversa da quella che è. Dicono che Milano stia diventando sempre di più una città insicura, ma forse siamo noi ad essere più apprensivi di un tempo. Se un giornalista sa fare davvero il suo mestiere, prima di scrivere un articolo, dovrebbe almeno chiedersi: ma è proprio così?”. Ripamonti ha poi illustrato il progetto delle “Carte Bollate”, un giornale realizzato dai detenuti – con la supervisione di alcuni giornalisti – caratterizzato “da un forte senso di appartenenza”.

Glocal 2024 in Sala Campiotti si è concluso con la presentazione del documentario “C’era una volta un sacco nero”, che ripercorre l’evoluzione della raccolta differenziata in Coinger: dalle prime pratiche del “sacco nero” fino al sistema più complesso e sostenibile di oggi.

La proiezione è stata introdotta dai saluti del direttore di VareseNews Marco Giovannelli e dagli interventi di Mauro Croci, Presidente dell’Assemblea dei sindaci, di Paride Magnoni, direttore Generale di Coinger e di Giorgio Ginelli, Amministratore Unico di Coinger.

Al Salone Estense Glocal 2024 si avvia alla conclusione con il panel “Informazione, istruzione, didattica, formazione: educazione per l’uso”. L’incontro vede la presenza di Alessandro Lanza, Direttore esecutivo della Fondazione Eni Enrico Mattei, Susanna Sancassini, Responsabile del Centro METID del Politecnico di Milano e Nicola Zanardi, Direttore editoriale di Equilibri Magazine e ideatore della Milano Digital Week. Quali sono le trasformazioni che l’intelligenza artificiale porta nel mondo della formazione, dell’istruzione, della didattica e soprattutto nel mondo dell’informazione e del lavoro? È questo il questi che ha animato il panel.

“In questi anni abbiamo avuto delle rivoluzioni di cui forse non siamo ancora abbastanza consapevoli, non c’è mai stata un’esposizione alla conoscenza come nell’ultimo periodo. Per noi l’educazione vuol dire anche formazione, istruzione, didattica, tutto quello che accompagna la vita” racconta Zanardi. L’affacciarsi dell’intelligenza artificiale nelle nostre vita sta, inevitabilmente, cambiando anche il mondo della didattica. Sancassani afferma: “Ci troviamo in un mondo in cui la maggior parte delle persone adulte faticano moltissimo ad avere una prospettiva di visione sistemica e a immaginare una dimensione futura che possa non essere in continuità con quella attuale. Il contesto in cui ci troviamo sta cambiando in modo molto veloce. Si sono create le condizioni tecnologiche ed economiche per esprimere una richiesta sempre più forte di tecnologie che permettano di aggiungere efficienza non solo ai processi operativi industriali, ma anche a quelli intellettuali”.

“Tra riviste storiche e influencer, la comunicazione musicale a due velocità” è il panel che ha chiuso l’ultima giornata del Festival. L’incontro ha preso in analisi il modo di raccontare l’industria musicale e ha coinvolto Adelia Brigo, giornalista di Varese News, Franco Zanetti, direttore di Rockol.it, Francesco Italiano, founder di RC Waves e artist manager, Jessica Gaibotti, public relations manager e fondatrice di ABOUT, e Nicholas David Altea, social media manager di Rumore.

“Ora che la musica non costa più, non serve più il giornale musicale”, dice Zanetti. “Se la rivista non è più l’anello di congiunzione tra acquirente e disco, allora fare analisi musicali non ha più senso d’essere oggi. Piuttosto si possono promuovere gli artisti per incentivare il pubblico ad andare ai concerti”. E i social? “Trasportare il giornalismo musicale sui social si può, ma non è così automatico: banalmente c’è il problema della monetizzazione dei reels o dei caroselli”, dice Altea. “L’utente di oggi è pigro e difficilmente leggerà l’articolo completo cliccando sul link in bio”.

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