Esiste uno strumento in grado di misurare la felicità? Il denaro è ancora un elemento
imprescindibile del benessere di un individuo e di una nazione? Perché il livello del Pil – il
famigerato prodotto interno lordo da cui dipendono le nostri sorti – è così importante? È davvero un
indicatore affidabile oppure aveva ragione Bob Kennedy quando, in un famoso discorso tenuto nel
1968 alla Kansas University, fece notare che il Pil «mette nel conto le serrature speciali per le nostre
porte di casa e le prigioni per coloro che cercano di forzarle»? Prendendo spunto da questi e altri
interrogativi il libro di Luciano Canova cerca di sfatare un luogo comune duro a morire: che gli
economisti, alfieri di una «scienza triste», non si siano mai occupati di felicità. È vero il contrario.
Insieme ai filosofi, i primi a porsi la domanda cruciale – che cosa ci serve per vivere una vita
migliore? – sono stati i padri della scuola neoclassica. Poi, soprattutto nell’ultimo mezzo secolo,
fior di economisti e premi Nobel – da Easterlin a Kahneman, da Samuelson a Kunets – hanno
proseguito il loro cammino, dedicandosi allo studio delle principali dinamiche comportamentali
che inducono le persone a compiere certe scelte, anziché altre, in tema di lavoro, acquisti, tempo
libero, relazioni sociali. I risultati dei loro esperimenti empirici – che Canova riassume in maniera
semplice e illuminante – mostrano che accanto al reddito e alla salute vi sono altri elementi che
concorrono a una vita felice: la propensione alla generosità, il supporto sociale, la libertà di
prendere una decisione in autonomia, il grado di fiducia nella comunità in cui si vive, e in
particolare la motivazione, vero e autentico motore delle decisioni. Ecco perché politiche ispirate
alla sola crescita economica e materiale rischiano di perdere di vista il ruolo giocato da altri fattori
imponderabili ma di assoluto valore per una società complessa come quella attuale, alle prese con la
rivoluzione digitale e l’avvento dei Big Data. Il metro della felicità è un libro divertente e al tempo
stesso profondo, che nel ridisegnare i confini del nostro sguardo sul mondo ci aiuta a capire
qualcosa in più delle leggi economiche che lo governano. E di noi stessi.